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Si complica la riqualificazione dello stabile di Via dei Lucani

Alessandro Luna

Il comune di Roma stabilisce che non si possono fare appartamenti lì dove morì Desiree Mariottini. Vince l'ideologia più ottusa

Roma. Si poteva fare meglio. Ancora una volta, a Roma, degli ottimi propositi si scontrano con un pregiudizio che appartiene all’opinione pubblica e, per luce riflessa, anche all’amministrazione capitolina: quello contro l’edilizia. Nel documento presentato dal Comune sul Piano di riqualifica dell’area di Via dei Lucani, a San Lorenzo, tristemente famosa per la vicenda di Desirèe Mariottini, si parlava in maniera generica di un “mix funzionale”, omettendo del tutto una condizione non insignificante, che l’assessore all’urbanistica Luca Montuori ha comunicato pubblicamente solo in occasione della conferenza stampa di presentazione, a cui ha partecipato anche la sindaca Raggi, il 22 settembre: è “escluso categoricamente” che anche solo una parte del compendio immobiliare di via dei Lucani abbia una funzione residenziale. Un veto assoluto alla costruzione di appartamenti che ha lasciato sorpresi e delusi gli architetti presenti, tra cui anche Ettore Pellegrini, dello studio Architettura e Urbanistica Partecipata, che ci ha spiegato le ragioni e le conseguenze di questa scelta discutibile dell’amministrazione: “Probabilmente, per venire incontro al pregiudizio degli abitanti sulle attività immobiliari, si è deciso di escludere una qualsiasi funzione abitativa, contrariamente a quanto si sosteneva nel Piano presentato, in cui si parla di un “mix funzionale”, ossia di una compresenza di attività commerciali, servizi ed abitazioni.

 

Tutte le città del mondo oggi crescono attraverso un processo di gentrificazione positiva, anche se a Roma se ne parla solo in termini negativi, che è opposta al vecchio modus construendi della “zonizzazione”, ossia l’assegnazione a ogni zona di una funzione specifica. Questo metodo ha mostrato i suoi grandi limiti ed è stato abbandonato in favore dei “mix funzionali”, che creano in una zona un ecosistema in cui gli abitanti possono vivere”. Con la presentazione di questo piano, si è avuta un’ennesima dimostrazione del perché Roma non riesce più a crescere: l’esproprio degli immobili compresi nell’area è la condizione ultima a cui ricorrerà il Comune se la ventina di proprietari dei vari spazi non troverà un accordo con almeno un team di architetti, tecnici e avvocati che, partecipando al bando, lavoreranno al progetto. Se confermato, lamenta l’architetto Pellegrini, dovrà poi passare attraverso un sistema di “supercontrollo” che rende l’approvazione finale del comune un miraggio lontano ed incerto. Per questo motivo gli investitori, per cui l’area centrale e di prestigio dovrebbe essere un’occasione da non farsi sfuggire, sono invece scoraggiati dall’affrontare la spesa che serve per formare una squadra che lavori al progetto e dal mettere a rischio un capitale impegnativo senza alcuna garanzia.

 

Alla fine, prevede Pellegrini, i tanti proprietari probabilmente non troveranno nessun accordo e si procederà all’esproprio. Eventualità che non può far loro molta paura, siccome a Roma gli espropri sono un processo che può durare anche 40 anni. Il risultato? La zona con grande probabilità rimarrà, ironicamente, abbandonata. Nel resto del mondo e d’Italia le amministrazioni comprendono che una funzione residenziale è fondamentale per poter fornire ai cittadini il verde e i servizi che rendono una zona a tutti gli effetti “riqualificata”. A Milano, ci spiega Pellegrini, all’area intorno alla stazione è stata ridata vita attraverso convenzioni con i privati che hanno potuto costruire immobili, tra cui anche il famoso Bosco Verticale, con la condizione di assumersi i costi e la cura dei beni pubblici circostanti. Un modello che a Roma non si riesce ad esportare. Sia pure con le migliori intenzioni, si è condannata un’altra area importante di Roma all'abbandono ed è forte il rischio di riconsegnarla al degrado che ha prodotto uno dei casi di cronaca più sconvolgenti degli ultimi anni. Il tutto per assecondare l’idea solo romana per cui tutto ciò che è residenza è speculazione, tutto ciò che è cemento è malaffare e tutto ciò che è guadagno è “sporco”.