(screenshot da Video Virgilio)

"Preferivamo i musei". Parlano i diplomatici che Raggi ha portato a riciclare bottiglie

Giulia Pompili

L'intera Asia è piena di quelle che in realtà si chiamano reverse vending machine, in Malaysia una sturt-up ne ha finanziate 500. Eppure la sindaca ha voluto stravolgere il protocollo pur di farsi pubblicità

Roma. La sindaca Virginia Raggi credeva di trovarsi di fronte a un gruppo di primati antropomorfi, e invece è stata la delegazione della Melaka, stato della Malaysia che si affaccia sullo stretto di Malacca, a guardarla come si guarda un orango quando ieri, in visita alla stazione della metropolitana San Giovanni, ha esclamato soddisfatta: “… and this is the plastic eating machine!”. Perché non solo la Malaysia, ma l’intera Asia (a dire il vero non solo l’Asia) è piena di quelle che si chiamano in realtà reverse vending machine (RVM) – quindi per gli ospiti venuti da oriente non c’era proprio niente di straordinario da guardare. O forse qualcosa sì: c’era una sindaca che chiama un oggetto comune con un nome inconsueto, perché “plastic eating machine” è la traduzione letterale di “macchinetta mangiaplastica”, cioè l’espressione che usa chi ha bisogno di una metafora perché non è in grado di elaborare un concetto complesso – se dovessimo fare un paragone, sarebbe come mostrare agli americani un frigorifero e chiamarlo “armadio raffreddaalimenti”.

 

In molte città della Malaysia, come in molte città d’Asia, le RVM si usano non solo per la plastica, ma un po’ per tutto, anche per i biglietti dell’autobus (si comprano, si fa il viaggio, e alla fine del percorso si rimettono dentro alla “macchinetta mangiabiglietto”).Un paio di anni fa la HelloGold, startup malesiana che si occupa di oro e sicurezza finanziaria, piazzò sul territorio nazionale 500 reverse vending machine (cinquecento, il comune di Roma ne ha messe a disposizione 3, tre, proprio tre di numero): ci metti dentro la plastica o l’alluminio e loro ti ricaricano il conto elettronico convertibile in oro o contanti. Per dire.

 

Però l’aspetto più desolante della visita alla metro San Giovanni – celebrata su Twitter dalla sindaca che ha scritto di aver “ancora una volta” dimostrato che la Capitale è “protagonista ed esempio di buone pratiche a livello internazionale” – è il retroscena. La delegazione arrivata dalla Malaysia era in realtà in missione al Vaticano, per il primo incontro del Comitato per la Fratellanza Umana sul dialogo interreligioso. Con l’occasione, era stato domandato al Campidoglio un incontro per studiare la struttura museale romana: Malacca, la capitale dello stato federato, è una città molto turistica, e la delegazione avrebbe davvero voluto imparare qualcosa da Roma per gestire i turisti internazionali. Dal comune, però, nei giorni scorsi è arrivata la proposta di sostituire i musei alla macchinetta mangiaplastica. E siccome fuori dai confini del Grande Raccordo Anulare l’educazione e la diplomazia hanno ancora un valore, la delegazione dalla Malaysia non ha nemmeno provato a insistere, e si è suo malgrado prestata a uno degli spot più imbarazzanti dell’Amministrazione Raggi.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.