Virginia Raggi (foto LaPresse)

L'effetto Raggi è un mistero

Massimo Solani

A Roma il M5s perde 5 punti rispetto al 2016, ma per com’è messa (male) la città è poco. Indagine su un fenomeno che sfida la logica

Roma. L’effetto Raggi c’è eccome, il dubbio al massimo è se poteva essere più pesante. Dati alla mano dopo un interminabile scrutinio, a Roma il Movimento 5 Stelle tutto sommato ha retto nonostante Virginia Raggi. Dopo un anno e mezzo di governo della Capitale infarcito di rimpasti di giunta, scandali, inefficienze, caos trasporti e emergenza rifiuti i grillini sono ancora il primo partito a Roma e veleggiano attorno al 30 per cento. Percentuale che è lievemente inferiore alla media nazionale, ma che significa comunque un calo di circa cinque punti percentuali rispetto al bottino messo insieme da Virginia Raggi al primo turno delle Comunali che nel 2016 le hanno spianato la salita verso il Campidoglio. Un dato che dentro al Movimento, alla vigilia, tanti temevano sarebbe stato ben più negativo al punto da arrivare a “commissariare” la comunicazione della sindaca nel tentativo di sterilizzare il suo effetto negativo sulle aspirazioni di governo di Luigi Di Maio.

 



 

Missione compiuta, si direbbe leggendo le analisi di chi in queste ore ha ignorato l’effetto di un anno e mezzo di governo cittadino sul trionfo nazionale del Movimento puntando il dito contro la stampa per aver ingigantito problemi e scandali dell’amministrazione capitolina. “Hanno perso il contatto con la realtà quotidiana delle città”, il refrain più diffuso in certi commenti. Come se il calo di consensi del Movimento alle elezioni politiche non fosse stato reale e concreto tanto a Roma quanto a Livorno e Torino, le maggiori città amministrate dai grillini, o come se reali e concreti non fossero ogni giorno i disagi e i problemi vissuti sulla propria pelle dai romani. Dei rifiuti si è detto e scritto in abbondanza, come delle condizioni del traffico urbano, dei continui rimpasti di giunta o degli scandali. Di questi giorni, invece, è la nuova emergenza buche causata dalla condizioni disastrate del manto stradale dopo la neve e il ghiaccio della scorsa settimane. Problema annoso con cui i romani fanno i conti da decenni, va detto. Solo che in queste ore in cui migliaia di automobilisti hanno denunciato i danni riportati a causa delle voragini che si sono aperte nelle strade romane e il Codacons ha addirittura annunciato una task force legale di sostegno ai consumatori, sui social sono tornati a rimbalzare i tanti annunci fatti dalla sindaca Raggi negli ultimi mesi. A partire dall’operazione #stradenuove che un anno fa prometteva investimenti milionari per risolvere il problema, per arrivare all’hashtag #stradefattebene usato dalla maggioranza a Cinque Stelle per annunciare interventi, progetti e piano straordinari. Fino al “Piano Marshall” annunciato ai minisindaci soltanto due giorni fa. Un po’ la stessa cosa capitata dopo la nevicata della scorsa settimana quando in tutta la città sono caduti centinaia di alberi facendosi beffa dei ripetuti proclami dell’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari sulle operazioni straordinarie di manutenzione del verde e sui piani di potature e abbattimenti.

 

La distanza fra la propaganda via social della maggioranza grillina e la vita reale, insomma, ha iniziato a far storcere il naso a molti romani. Anche se il grosso dell’elettorato grillino sembra ancora schierato con la sindaca e impermeabile a qualsiasi polemica. “Perché quello per il Movimento è un voto di  marchio, e gli elettori dei 5 stelle sono ancora abbastanza indifferenti a qualsiasi elemento di prova contraria alla loro convinzione politica che attribuiscono alla stampa “cattiva” e “casta ostile””, commenta il professor Mario Morcellini, sociologo, consigliere per la comunicazione dell’Università La Sapienza e commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. “In una caratteristica che li avvicina agli elettori della Lega – prosegue Morcellini – il popolo del Movimento 5 Stelle detesta i media  mainstream di cui non si fidano minimamente. Diffidano di qualsiasi notizia o informazione veicolata da quei canali; di conseguenza, c’è una larga parte di quell’elettorato che utilizza soltanto fonti di informazione diverse, come ad esempio i social network. È un caso quasi di scuola di quel fenomeno che gli studi di comunicazione di qualche decennio fa chiamavano “esposizione selettiva” – prosegue – ossia la tendenza a riporre interesse unicamente verso quei messaggi compatibili con il proprio sistema di valori. In altre parole, si ripone attenzione soltanto nei confronti di chi la pensa come me e parla come me. A questo si accompagnano poi di solito l’attitudine alla percezione e alla memorizzazione selettiva, ossia la tendenza ad assimilare e trattenere unicamente le informazioni in linea con i propri convincimenti”.

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