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Lupo in città

Maurizio Crippa

La “Bestia feroce” che terrorizzò Milano nel ’700 e fu eliminata (con poco garantismo) da Cesare Beccaria

Nel nuovo regolamento comunale sugli animali si trovano obblighi sensati come il “patentino” per i cani feroci e altri più bizzarri come il divieto, per i negozi che vendono animali che mangiano altri animali vivi, di esibire il fiero pasto in vetrina “come forma di spettacolo”. Nella prossima edizione del regolamento forse la metropoli post industriale dovrà premurarsi di inserire un articolo su come comportarsi nel caso di incontro ravvicinato con un lupo. Causa cambiamenti faunistici, climatici e il progressivo abbandono di aree montane, i lupi sono tornati e sono sempre più frequenti gli avvistamenti (virali i video in rete) in zone sempre più vicine ai centri abitati e anche alla Grande Città. I lupi non mangiano (quasi mai) i bambini, l’antropofagia è una deviazione alimentare anche per loro, ma il terrore della bestia feroce, confinato nel cinema e nella letteratura, è un istinto inconscio che ci tiene misteriosamente legati al nostro passato.

 

Anche Milano ebbe la sua storia terribile ed esemplare, e il suo momento di terrore collettivo e isterico, per un lupo. Negli stessi decenni del Settecento in cui in Francia divampò la grande paura per la “Bestia del Gévaudan”, un lupo (o un branco di lupi) che fece almeno 136 vittime suscitando le leggende più nere (un assassino, un orco, uno stupratore? Del resto Cappuccetto Rosso nacque qui) e agitando il già periclitante regno di Luigi XV, accusato di non sapere difendere il popolino. Avvenne qualcosa di simile nell’estate del 1792 nelle campagne intorno a Milano. “La prima vittima umana di questa Bestia feroce fu Giuseppe Antonio Gaudenzio di Cusago. Situato è questo villaggio a sei miglia da Milano presso un esteso bosco”. Inizia così il suo racconto un anonimo cronista, autore di un libello prezioso giunto a noi in rarissime copie, la più celebre delle quali è conservata alla Biblioteca Nazionale Braidense. Si intitola “Giornale circostanziato di quanto ha fatto la Bestia Feroce nell’Alto milanese dai primi di Luglio dell’anno 1792 sino al giorno 18 settembre” e testimonia i fatti, l’elenco degli sbranati e dei feriti e – ancor più – l’isteria collettiva che lambì persino le autorità.

 

E’ curioso immaginare la Milano di fine Settecento, la capitale italiana dei Lumi, tornare in preda a paure ataviche che riaccendevano pensieri e pratiche medievali. Dopo il ragazzetto di Cusago morì sbranata una bambina a Corbetta, sempre nell’area verso il Ticino. Poi spostandosi più a nord la “Bestia” uccise a Barlassina, a Terrazzano e nel bosco delle Groane. Si diffusero profezie di sventura, teorie secondo cui si sarebbe trattato invece di una jena, e rischiò di finire nei guai (siamo pur sempre nella città degli “untori” e della Colonna infame), un tale Bartolommeo Cappellini, che tempo prima aveva portato a Milano “entro gabbia di legno e ferro” due jene, per esporle alla pubblica curiosità. Si diffuse la voce che quella più feroce fosse fuggita. A differenza della “Bestia del Gévaudan”, non sorsero leggende su mostruosi animali-uomini: le testimonianze, pur contraddittorie, rimandavano a “una brutta bestia, simile a un grosso cane, ma dall’orribile aspetto e di strana forma”. Fatto sta che nel panico generale dovette occuparsi della faccenda il Consiglio cittadino, che non sapeva che misura adottare, tale e quale ai tempi della peste manzoniana. Si organizzò una grande caccia con promessa di premio di 50 zecchini, ci furono false rivendicazioni di cattura. Gli assalti proseguivano. Finché l’incresciosa faccenda finì nelle mani di Cesare Beccaria, ormai anziano, che era alto funzionario dell’amministrazione asburgica. E il padre del garantismo indicò il ritorno a un sistema antico: disseminare attorno alla città trappole fatte con palizzate e una preda viva all’interno. Il giorno dopo un grosso lupo cadde nella trappola posta fuori Porta Vercellina, vicinissima alla città. Fosse lui o meno, fu preso a sassate, bastonato e infine impiccato. Ma ci vollero alcuni giorni prima che le autorità lo dichiarassero “colpevole”. Gli attacchi cessarono, a poco a poco non ne rimase che il ricordo.

 

Un ricordo che abbiamo ritrovato perché al Salone della Cultura – imponente mostra libraria destinata a librai antiquari, collezionisti e appassionati in programma nel weekend – tra le chicche di quest’anno c’è appunto una rarissima copia dell’anonimo “Giornale”. Ma se non avete mire antiquarie, la copia della Braidense è stata pubblicata con il titolo “La bestia feroce - anonimo resoconto milanese del 1792”, con una bella introduzione a cura del piccolo editore Il muro di Tessa.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"