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Le parole "razziste" non sono l'unico motivo per cui vogliono censurare Mark Twain

Camillo Langone

“Le avventure di Huckleberry Finn” è la storia di un ragazzo che caccia e pesca. Senza licenza e senza scrupoli. Un tredicenne armato! Autosufficiente! Allegro! Qualcosa di intollerabile per la cultura del piagnisteo

“Allora ho preso il fucile e sono andato nel bosco a caccia di qualche uccello, invece ho avvistato un maiale selvatico. Con un colpo ho steso l’amico e l’ho portato al campo”. Leggendo “Le avventure di Huckleberry Finn” di Mark Twain, nella nuova traduzione pubblicata da Oligo, ho capito perché oggi questo grande classico è censurato e boicottato. Non solo per la parola “negro”, al tempo di Mark Twain normalissima e in questa nuova edizione giustamente conservata. Anche perché è la storia di un ragazzo che caccia e pesca. Senza licenza e senza scrupoli. Per mangiare e per diventare uomo. Qualcosa di insopportabile in tempi che impongono l’indifferenziazione sessuale, l’effeminatezza, la mollezza. Un tredicenne armato! Autosufficiente! Allegro! Qualcosa di intollerabile per la cultura del piagnisteo, per l’ideologia del vittimismo, per lo Stato animalista e assistenziale. “Ogni tanto sparavamo alle anatre. In complesso, ce la passavamo alla grande”.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).