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preghiera

Commozione di fronte alla Nazionale monoetnica

Camillo Langone

Ritrovarsi in piazza subito dopo Italia-Spagna, mentre vi confluivano, per festeggiare la vittoria, tra clacson e bandiere, tifosi a frotte: tutti giovani e tutti italiani. Sembra di essere tornati agli anni Ottanta

Credevo di essere l’ultimo italiano. Lo pensavo da tempo, contemplando un’Italia velocemente incamminata a tornare espressione geografica. Ma l’altra sera a Santarcangelo di Romagna ho dubitato: e se fossi l’italiano penultimo? Per puro caso mi sono trovato in piazza Ganganelli subito dopo Italia-Spagna, mentre vi confluivano, per festeggiare la vittoria, tra clacson e bandiere, tifosi a frotte: tutti giovani e tutti italiani. Tutti italiani bianchi, a dirla tutta (con grazioso contorno di italiane, più composte nel giubilo ma con livelli analoghi di melanina). Non pensavo potessero più esistere, in quelle classi anagrafiche, gruppi monoetnici. Come non pensavo potessero più esistere monoetniche nazionali italiane di calcio (anche i giocatori brasiliani sono oriundi: il più esotico è di Asiago). Mi sono leggermente commosso: sono un sentimentale. A un certo punto mi si è fermato un pallone a pochi metri, ho esitato un momento prima che qualcosa di antico mi scattasse dentro, ho preso la rincorsa, l’ho calciato e, miracolo, l’ho piazzato fra le mani del ragazzo che lo attendeva. “Grazie!” grida lui. Mi sono ritrovato nell’Italia degli anni Ottanta, la sera di Italia-Spagna a Santarcangelo di Romagna. Non avevo nemmeno bevuto tanto.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).