Carlo Nordio - foto LaPresse

alla camera

Nordio dice che la procura di Firenze sbaglia a usare il Csm contro il Foglio

Redazione

Il ministro risponde all'interrogazione di Enrico Costa sul caso che ha coinvolto il nostro giornale: "Va sempre salvaguardato il libero esercizio del diritto di cronaca e di critica, che trova il suo fondamento nell’articolo 21 della Costituzione"

Lo scorso 18 aprile, il procuratore capo di Firenze ha chiesto al Csm “una pratica a tutela” dopo un articolo critico del Foglio sulla stessa procura: criticare i magistrati semplicemente non si può. Il deputato di Azione Enrico Costa ha portato il caso alla Camera e ha posto un’interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Questa la sua risposta:

 

Con l’atto di sindacato ispettivo in oggetto, fatto un cenno ad articoli di stampa secondo i quali il Procuratore di Firenze avrebbe chiesto al Csm l’apertura di un pratica a tutela del proprio Ufficio a seguito della pubblicazione di un articolo, il 13 aprile 2024, su Il Foglio che – ad avviso del Procuratore – costituirebbe “un’inaccettabile e pericolosa delegittimazione dell’operato dei magistrati dell’ufficio”, si chiede se il ministro “non ritenga di adottare iniziative normative, per quanto di competenza, per riportare allo spirito ’costituzionale’ lo strumento della ’pratica a tutela’, affinché non esorbiti dalla sua funzione di garanzia della autonomia e indipendenza della magistratura”. (...) Rientra tra le prerogative del Csm quella di valutare la possibilità di adottare risoluzioni o deliberazioni a difesa dell’Istituzione giudiziaria, della sua indipendenza e della sua credibilità ovvero deliberazioni a difesa dell’indipendente esercizio della funzione giudiziaria da parte di singoli magistrati e della loro credibilità ove gli stessi si trovino a subire – a causa delle loro funzioni – reazioni che, travalicando i confini della critica, trasmodino nell’intimidazione, nella denigrazione o in altra forma di improprio condizionamento della funzione. Per le implicazioni e la portata di tali interventi è essenziale, tuttavia, che la tutela sia concessa solo quando l’intervento del Consiglio risulti insostituibile per difendere il prestigio e la credibilità dell’Istituzione giudiziaria.

Lo stesso Csm, proprio con riferimento all’istituto della “pratica a tutela”, ha in più occasioni rimarcato che ciò che il Consiglio ed i magistrati possono e debbono fare è, esclusivamente, garantire l’indipendente esercizio della funzione giudiziaria e la legittimazione di quest’ultima, evitando qualunque ingerenza nel circuito della responsabilità politica, alla quale essi sono e debbono rimanere estranei, e che “è necessario che tutti i protagonisti della vita del Paese, e soprattutto coloro che sono investiti di cariche pubbliche, improntino i reciproci rapporti al doveroso senso di responsabilità ed equilibrio, alla scopo di garantire una corretta dialettica tra le istituzioni ed il sereno svolgimento della vita democratica”. E’ evidente, dunque, che la fase di apertura delle “pratiche a tutela” è un tema particolarmente sensibile, che deve essere affrontato nella consapevolezza che la mera richiesta di apertura della ’pratica’ non equivale a riconoscere che sussistono i presupposti per la concessione della “tutela” invocata. Ed è sempre il Csm ad aver affermato che il potere ad esso spettante deve essere azionato con prudenza ed equilibrio in considerazione degli interessi coinvolti, che spesso incidono sui rapporti tra la magistratura e soggetti che rivestono ruoli pubblici e/o istituzionali. Un principio, quest’ultimo, cui evidentemente devono improntarsi anche i rapporti tra le prerogative consiliari e i mezzi di informazione, per i quali va sempre salvaguardato il libero esercizio del diritto di cronaca e di critica, che trova il suo fondamento nell’articolo 21 della Costituzione. Venendo al caso specifico, secondo quanto riportato negli articoli di stampa citati nell’interrogazione, il Procuratore di Firenze avrebbe chiesto l’apertura di una pratica a tutela ritenendo necessario difendere l’immagine dell’Ufficio giudiziario da lui diretto, anche se per vicende antecedenti alla sua carica. Si torna a ribadire, però, che la presentazione della richiesta di per sé non implica affatto che sussistano i presupposti per la concessione della ’tutela’ invocata.

Questa valutazione è, come detto, rimessa all’attenta ponderazione del Consiglio, il quale – tra l’altro – ha già previsto anche un meccanismo di valutazione preventiva, che operi come filtro, affidando alla prima Commissione la preliminare verifica dell’effettiva sussistenza di comportamenti lesivi del prestigio e dell’indipendente esercizio della giurisdizione, impregiudicata comunque l’esclusiva competenza del Plenum ad accogliere o meno la proposta della Commissione. Ne discende, anche e soprattutto in considerazione della sensibilità già dimostrata sul tema dall’Organo consiliare, che non si ravvisa allo stato la necessità di adottare iniziative normative in materia.

 

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