Sabino Cassese - foto Ansa

Chi decide, e come?

Gianni Letta, il libro di Sabino Cassese e il discorso sul premierato che non c'è

Marianna Rizzini

Alla Camera la giornalista Alessandra Sardoni presenta il libro-intervista del giudice emerito "Le Strutture del Potere". Tra gli ospiti anche il direttore del Tg La7 Enrico Mentana

Ricorda tutto, cita a braccio, non dimentica una data, un numero di pagina, un aneddoto, un articolo di giornale (anche se uscito dieci o venti anni prima): è un Gianni Letta dalla formidabile memoria pirotecnica, quello che rapisce l’attenzione dei convenuti alla presentazione del libro-intervista “Le strutture del potere” (ed. Laterza), volume in cui Sabino Cassese, giurista e giudice emerito della Consulta, è intervistato da Alessandra Sardoni, giornalista e conduttrice de La7. Ed è un Letta che lancia una conversazione attorno alle strutture del potere, oggetto del libro e del dibattito, ma soprattutto attorno a un potere, quello del premier, su cui non a caso le parole dei relatori finiscono per posarsi (comprese quelle di Cassese — che pronuncia alla fine la parola “premierato”, quello che non c’è ma che poteva essere o che potrebbe essere). Decidere, questo è il problema, dice il professor Ernesto Galli della Loggia, disegnando nell’aria i contorni della palude in cui è caduto il paese, ed evocando le volte in cui nella storia del primo Dopoguerra si è deciso e quindi si è fatto, a differenza degli ultimi decenni, in cui spesso non si è deciso e non si è fatto. Tra i relatori, accanto a Sardoni e a Cassese, il direttore del Tg La7 Enrico Mentana e il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè ascoltano in silenzio Letta raccontare aneddoti e rievocare circostanze, incredibilmente privo di foglietti di appunti tranne che per la lettura di un brano tratto da Leonardo Sciascia con citazione di Machiavelli, lettura in cui le parole da esatte devono farsi esattissime, perché per il resto Letta, nella duplice veste di testimone della recente storia italiana (come sottosegretario alla presidenza del Consiglio nei quattro governi Berlusconi e come direttore del Tempo), non ha bisogno di alcun ausilio cartaceo quando, parlando del Ragioniere generale dello Stato come sottopotere incardinato nel Ministero dell’Economia, fa capire che qualcuno, ai tempi del Cav., faceva in qualche modo da schermo all’interlocuzione premier-Ragioniere generale (“dualismo” tra Palazzo Chigi e via XX Settembre, dice Letta, e nel pubblico più di un convenuto pensa a Giulio Tremonti, senza che Letta proferisca nome).
 

E a un certo punto l’ex sottosegretario racconta anche, sempre a braccio, di quando Cassese, sul domenicale del Sole 24 ore, ha iniziato un intervento citando pari pari un intero comma di una legge incomprensibile, tanto per far capire di che materia potesse essere fatta la proverbiale incomprensibilità leguleia, cosa impossibile da sopportare per uno che, come Cassese, dice Letta, è “innamorato del diritto”. Il convitato di pietra immateriale del discorso – il premier, qualsiasi premier in quanto decisore – ricompare come figura non retorica quando Cassese evoca il problema delle democrazie moderne: chi decide? Le democrazie moderne, dice il professore, “hanno dato giustamente voce” agli interessi collettivi, ma poi chi e come stabilisce quale tra gli interessi collettivi deve prevalere? Il “come si decide", dice Cassese, può essere declinato solo in due modi: negoziato o potere arbitrale, cioè un potere di “ultima parola tra tutti i contendenti”. Un argomento che porta verso qualcosa che, dice, “sembra vicino al premierato”. Ma non è semplice, in un mondo in cui i partiti sono “ridotti a comitati elettorali” e in cui il web si fa palcoscenico per tutti, e senza mediazione. D’altronde Cassese, dice Letta, mai l’ha voluto esercitare direttamente, il potere, pur sempre, per tutta la vita, impegnandosi a “spiegare, esortare, ammonire, influenzare”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.