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le parole

Schlein: "Prodi? Lo ascolto sempre ma non vuol dire che sono sempre d'accordo"

La segretaria dem parla al Corriere della sua scelta di candidarsi e del passo indietro sul nome nel simbolo. Poi l'astensione alla riforma del Patto di stabilità e il caso Scurati. Al M5s dice: "I loro risultati in Basilicata dimostrano che il problema non è la presenza di altri nella coalizione"

Rivendica delle "meravigliose" liste per le europee, spiega perché ha rinunciato a inserire il suo nome nel simbolo, manda una frecciatina a Conte e dice che non si può essere sempre d'accordo con Prodi. "Io Prodi lo ascolto sempre. Sin da quando gli portammo la maglietta 'Siamo più di 101' è un punto di riferimento importante per me. Ciò non vuol dire che io debba essere sempre d'accordo con lui e credo che sia meglio così rispetto ai tempi in cui tutti fingevano di ascoltare per poi pugnalare alle spalle", dice Elly Schlein in un'intervista al Corriere, rispondendo a una domanda sulle critiche mosse dall'ex premier e federatore dell'Ulivo alla scelta di candidarsi alle europee. 

 

 

Quelle di Prodi non sono state le uniche critiche ricevute in questi giorni di preparazione alle elezioni europee. Il partito si è diviso anche sull'opportunità di inserire il nome della segretaria nel simbolo del Pd. A riguardo Schlein dice di aver rinunciato perché la proposta era "divisiva" e spiega quello che dalla sua elezione a segretaria è il metodo che va rivendicando: "Siamo l'unico partito che discute in chiaro: non c'è qualcuno che si chiude in una stanza e decide. Io ho ascoltato il dibattito di questi mesi sulla mia candidatura, ho ascoltato quello sulla proposta del simbolo. E mi è sembrato che il modo migliore per rafforzare questa squadra e spingere il partito più in alto fosse quello di correre anche io, mentre l'altra proposta mi è parsa divisiva e l'ho accantonata. Io ascolto sempre e poi da segretaria mi prendo la responsabilità di fare le scelte che ritengo più utili ed efficaci per questo progetto collettivo". Quanto alle liste, la segretaria dice che coinvolgono persone della "società civile che per la loro competenza rappresentano le battaglie per l'Europa che vogliamo e nel contempo tengono insieme le migliori energie del partito". E aggiunge: "E' la prima volta che si fanno le liste con un metodo nuovo che archivia il manuale Cencelli", anche se tra i candidati non sono mancate anche questa volta quote di corrente. 

 

Archiviato il capitolo europee, Schlein spiega perché il Pd ha voltato la faccia al commissario dem Paolo Gentiloni che a Bruxelles ha negoziato la riforma del Patto di Stabilità: "Abbiamo deciso di astenerci perché riteniamo che il testo negoziato dal governo sia fortemente peggiorativo rispetto alla proposta iniziale della commissione e di Gentiloni, che ringraziamo per il ruolo impegnativo che ha ricoperto in questi anni".

 

Quanto alle recenti regionali perse in Basilicata, la segretaria non risparmia una frecciatina all'alleato a fasi alterne, Giuseppe Conte: "Ai 5 Stelle vorrei far notare che il loro risultato dimostra che il problema per il loro elettorato non è la presenza di altri nella coalizione", sottolinea, riferendosi al fatto che nel voto lucano M5s e Pd correvano senza Azione e Italia Viva, che hanno invece appoggiato il candidato di centrodestra Vito Bardi. "Il Pd non ha mai messo veti, ha sempre lavorato per allargare il più possibile il campo delle forze alternative a questa maggioranza. Il punto, però – continua Schlein – è che non possiamo essere soltanto noi a sentire la responsabilità di costruire questa alternativa. E a chi, come Renzi o Calenda, oggi ci attacca vorrei dire: lo so che è faticoso costruire un'alternativa alla destra, ma non è che la soluzione è andare direttamente con la destra".

 

Infine un passaggio sul caso Scurati, che per la segretaria dem è la rappresentazione della censura del governo: "La Rai così non è più un servizio pubblico ma si trasforma in un megafono del governo. Abbiamo già visto questo tipo di scivolamento in altri paesi europei: attacchi alla libertà di stampa, agli intellettuali, ai magistrati, al dissenso... Hanno già cominciato la campagna ungherese", sostiene Schlein. 

 

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