Giancarlo Giorgetti (Ansa)

dopo il cdm

Il Def è lunare ma l'opposizione parla da Marte. Sull'economia si continua a dribblare la realtà

Claudio Cerasa

Il governo non ha ancora trovato soluzioni concrete per evitare di far aumentare il debito dell’Italia e dimostra di essere fuori dal mondo quando parla di conti pubblici. Ma se lo è parte della responsabilità appartiene anche al centrosinistra

L’approvazione del nuovo Documento di economia e finanza da parte del Consiglio dei ministri, avvenuta ieri mattina, mette di fronte agli occhi degli osservatori alcuni spunti di riflessione interessanti. Lo spunto di riflessione più importante riguarda naturalmente l’approccio scelto dal governo sul terreno delle finanze pubbliche e la sintesi brutale del Def potrebbe essere questa. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sa che per essere credibile il governo deve dimostrare di essere impegnato a tenere sotto controllo il debito e per dimostrare di avere la situazione sotto controllo il Def del governo non comprende una promessa che il presidente del Consiglio ha fatto e che il suo ministro dell’Economia non sa ancora come finanziare: la conferma del taglio al cuneo contributivo e all’Irpef (valore quindici miliardi).

La prudenza che il governo ha scelto di mostrare sul Def è accompagnata però da un senso di spaesamento suggerito dalla presenza di un documento che alla voce debito pubblico offre indicazioni scoraggianti. Da un lato, il Def ammette che nei prossimi anni il governo non ha ancora trovato soluzioni concrete per evitare di far aumentare il debito dell’Italia (debito al 137,8 per cento quest’anno, dal 137,3 per cento del 2023, che poi aumenterà al 138,9 per cento nel 2025 e al 139,8 per cento nel 2026). Dall’altro, il Def ammette che l’unica soluzione che il governo ha trovato per provare a frenare la lievitazione del debito corrisponde a una scommessa spericolata: avere un pil superiore a tutte le previsioni. Lo scorso autunno, il governo stimò, andando in direzione contraria a tutte le previsioni, che nel 2024 il pil italiano sarebbe cresciuto dell’1,2 per cento. 


Ieri il governo ha ammesso che crescerà, secondo le sue previsioni, dell’uno per cento, offrendo ancora una volta stime superiori rispetto a quelle indicate anche da Bankitalia (secondo cui il pil italiano nel 2024 salirà dello 0,8 per cento) e che testimoniano che l’unico strumento che il governo sostiene di avere in mano per dominare il debito pubblico (la crescita) potrebbe essere spuntato e molto sopravvalutato. Accanto alle considerazioni essenziali sul governo, suggerite dal Documento di economia e finanza, ce ne sono alcune non meno importanti che riguardano l’opposizione e che riguardano in particolare la difficoltà notevole con cui gli avversari del centrodestra cercano di trovare un modo efficace per dettare l’agenda quando si parla di economia. Non che sugli altri temi l’agenda dell’opposizione sia particolarmente efficace, ma quando si parla di economia si percepisce purtroppo con molta chiarezza quanto la debolezza e la sconclusionaggine dell’opposizione aiuti il governo a tenere fatalmente lontano dal proprio mirino quelle che dovrebbero essere le priorità dell’Italia. Si dovrebbe parlare di come scommettere sulla crescita, si rimprovera invece il governo di essere incoerente con le sue promesse. Si dovrebbe parlare di come trovare soluzioni per arginare il debito pubblico, si rimprovera invece il governo di essere troppo rigorista. Si dovrebbe parlare di come incalzare il governo sulla concorrenza, si accusa invece il governo di essere troppo amico dei liberisti. Si dovrebbe incalzare il governo sulla spesa che non viene tagliata, si accusa invece il governo di non spendere abbastanza. Si dovrebbe parlare di come incalzare il governo sulla produttività, per avere salari migliori, si asseconda invece, sui temi del lavoro, la linea anti Jobs act della Cgil, che arriva a negare la realtà a tal punto da considerare i numeri record sugli occupati come dati farlocchi.

 

Non è facile fare opposizione a un governo che, anche dal punto di vista economico, ha ancora il vento in poppa, con un’occupazione record (pari a 23 milioni 773 mila), con uno spread sotto controllo (e che ha sorpreso in positivo anche i mercati, oltre che il Financial Times) e con una crescita meno robusta rispetto a come dovrebbe essere quella di un paese inondato da soldi europei ma comunque superiore rispetto a quella della Francia (+0,5) e della Germania (+0,2). Ma diventa ancora più complicato fare opposizione se si sceglie di offrire al paese un’alternativa al governo senza scommettere sulle tre parole chiave con cui dare un futuro all’Italia: crescita, produttività, concorrenza.  Il governo dimostra di essere spesso fuori dal mondo, quando parla di economia, ma se lo è, parte della responsabilità è anche del centrosinistra, che facendo opposizione da Marte rende le posizioni lunari del centrodestra meno lontane dalla realtà rispetto a quelle dei suoi avversari.
 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.