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Verso le Regionali

Chiorazzo show. Fenomelogia dell'uomo che ha fatto ballare Schlein e Conte in Basilicata

Marianna Rizzini

Da possibile candidato che non arretrava, l'imprenditore lucano s’è fatto quello che ha dato le carte al campo largo. Fino alla scelta del candidato vero: Domenico Lacerenza

Era spuntato sulla scena come possibile candidato-miraggio del centrosinistra in versione campo largo se non larghissimo, ma poi Angelo Chiorazzo, imprenditore del terzo settore e vertice del movimento cattolico “Basilicata casa comune”, vicino a Cl, non soltanto il campo largo se non larghissimo lo ha tenuto a lungo in scacco, visto il non accordo sul suo nome, ma da possibile candidato che non arretrava s’è fatto altro, e cioè uomo che ha dato le carte motu proprio e ha fatto ballare Elly Schlein e Giuseppe Conte.

Fino a ieri, quando una nota congiunta, con “Basilicata Casa comune” come prima formazione citata, e con Pd, M5s, Avs e + Europa (non compariva Azione), ha dato conto della comune richiesta avanzata dalle suddette forze al dottor Domenico Lacerenza, direttore del dipartimento di Chirugia dell’ospedale regionale “San Carlo” di Potenza, per una eventuale candidatura: “Le forze di questo campo progressista ringraziano Chiorazzo” per la gentile intercessione, si leggeva. E dal M5s, che su Chiorazzo aveva messo lo stop, trapelava apprezzamento “per il passo di lato” dell’imprenditore, in favore della soluzione “unitaria di qualità”.

Ed eccolo, Chiorazzo: un po’ elemosiniere di alternative conto terzi, un po’ corsaro, un po’ vessatore geniale (ma nelle vesti dell’amico) delle speranze della segretaria pd (“divisi non si gioca”, sospirava da giorni Schlein, per giunta con l’ex premier Romano Prodi che a giorni alterni veicolava il mantra: un’alleanza come l’Ulivo è indispensabile). Ed era dunque in nome di questo suo essere altro che Chiorazzo si era aggirato tra Potenza, Matera e la regione tutta come colui che aveva fatto scacco matto al Pd e al leader del M5s – che non lo voleva, ma che ieri se lo è sorbito, e nella veste dell’uomo che ha detto in sostanza “ci penso io”. Cioè: o il candidato che scegliete piace anche a me o ciao. E si fa presto allora a dire Basilicata, la regione che ha fatto impazzire il centrosinistra e in particolare Schlein attorno alla questione del benedetto nome taumaturgico che non spuntava, anche se giorni fa era stato tirato fuori dal cappello, sotto la supervisione-diktat di Chiorazzo, la figura di Nicola Valluzzi, sindaco di Castelmezzano ed ex esponente del Pd gradito a Chiorazzo. 

E se anche il centrodestra ha avuto il suo bel da fare, prima di convergere con relativa serenità sul presidente uscente Vito Bardi, i guai del centrosinistra attorno all’autodesignazione di Chiorazzo a uomo-crocevia tra partiti non si contavano. Due tra tutti: l’ex ministro Roberto Speranza (candidato in teoria possibile ma in pratica riluttante, e talmente riluttante al punto da farsi paladino di Chiorazzo) aveva catalizzato per giorni il nervosismo di chi aveva sperato togliesse tutti d’impaccio candidandosi; Azione invece aveva storto il naso, ché il partito di Carlo Calenda, trattato un po’ come la Cenerentola, e cioè scavalcato sul nome di Valluzzi, aveva puntato tatticamente sull’ex governatore Marcello Pittella, sui cui però non convergevano gli altri. E ieri Calenda assicurava di aver sentito Schlein: il Pd abbia il coraggio ogni tanto di dire no a Conte, era il concetto, ma a sera Azione non figurava nella suddetta nota. E dal M5s c’era chi diceva: “Vada pure con Bardi, Calenda, tanto per lui fa lo stesso. Bisogna vedere se lo vuole il centrodestra, litigioso com’è...”.  

E insomma, in Basilicata non c’è stato soltanto il pasticciaccio sui nomi, ma qualcosa di più: Angelo Chiorazzo, gongolando sorridente dal microfono di “Un giorno da Pecora”, su Rai Radio1, o affacciandosi dalle foto in cui sfoggiava l’immancabile cravatta bluette, aveva fatto il bambino della favola “I vestiti nuovi dell’imperatore”, quello che grida “il re è nudo”, ovvero: nel centrosinistra “non c’è sintesi, non c’è accordo, ma c’è dialogo aperto” (la frase può essere applicata anche ad altre partite in cui il Pd e i Cinque stelle sono impantanati, vedi Piemont). Intanto ieri un Valluzzi quasi sognante, a monte della nota su Lacerenza, si diceva “meravigliato” (modestia o non ci credeva neanche lui?) del fatto “di essere il sindaco di un piccolo comune e insieme il possibile candidato presidente”. “La partita dipende molto da Chiorazzo”, sottolineava. E infatti: scendeva la sera, e la formazione di Chiorazzo era in cima alla lista dei proponenti per la candidatura Lacerenza. 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.