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Il report

La sconfitta di Truzzu in Sardegna non è tutta colpa del voto disgiunto della Lega

Ruggiero Montenegro

Secondo l'Istituto Cattaneo, le scelte degli elettori leghisti avrebbero avuto un peso limitato: "Capacità attrattiva di Todde, convinto sostegno del Pd sardo", insieme a "un eccesso di ottimismo preventivo e di conflitti interni nel centrodestra" hanno giocato contro il candidato meloniano. E anche le manganellate agli studenti potrebbero aver influito

Il Sardegna il voto disgiunto della Lega c'è stato ma, nonostante la sconfitta del centrodestra sia dovuta a uno scarto di poche migliaia di voti, è "improprio addebitarne la responsabilità ai soli leghisti dissenzienti”. E' la conclusione a cui giunge l'Istituto Cattaneo nella sua analisi post elettorale, a due giorni dall'elezione di Alessandra Todde, che ha vinto con un margine dello 0,3 per cento sul suo avversario.

Infatti, secondo gli analisti, a giocare contro Paolo Truzzu sono stati anche altri fattori. Per esempio, "le caratteristiche intraviste dagli elettori nei due principali candidati, e soprattutto dalla capacità attrattiva personale della neo-presidente, potenziata dalla forte intesa e dal convinto sostegno del Pd sardo, in un clima segnato da un eccesso di ottimismo preventivo e di conflitti interni nel centrodestra. Oltre che dallo sdegno diffuso per le cariche delle forze dell’ordine contro gli studenti a Pisa". Elementi concorrenti, ma singolarmente non determinti per l'esito finale.

E se è vero che lo stesso sindaco di Cagliari si è preso gran parte delle responsabilità, avendo raccolto meno preferenze di quelle ottenute dalle liste a suo sostegno, lo è anche il fatto che la candidatura del centrodestra è maturata in clima non proprio sereno. La Lega avrebbe voluto confermare l'uscente Solinas - almeno prima che venisse "azzoppato" da un'inchiesta per corruzione. C'è stata  insomma la percezione che Truzzu fosse una scelta figlia dei rapporti di forza nazionali, prima ancora che espressione del territorio. 

In particolare, l'approfondimento dell'Istituto Catteneo sul voto disgiunto si è soffermato sui centri più grandi, Cagliari e Sassari: qui Todde ha vinto con un distacco, rispettivamente, di 18,4 e 16,6 punti. Nel primo caso, l'1,5 per cento dei voti leghisti sarebbe andato a Todde. Ma si conta anche un 1 per cento di Forza Italia dirottato sulla candidata del campo largo. Che tuttavia nel capoluogo sardo avrebbe perso un 1 per cento dal Pd e anche uno 0,5 dal M5s, a favore del rivale Truzzu.




 

A Sassari, a sorpresa, il voto disgiunto a favore della ex sottosegretaria grillina sarebbe stato utilizzato più dagli elettori meloniani (0.5 per cento) che da quelli del Carroccio (0.3). Inoltre, al di là delle dinamiche interne al centrodestra si evince come – alla fine – Todde abbia comunque dovuto rinunciare a tutte quelle preferenze che dal campo largo sono passate a Soru, complessivamente l'1,2 a Sassari e 1,7 a Cagliari.

 

Come sono andati i partiti alle elezioni sarde
 

L'istituo Cattaneo registra inoltre una doppia sconfitta per il Fratelli d'Italia, che "vede quasi dimezzata l’ampiezza della sua base elettorale in Sardegna (13,6 per cento) rispetto alle elezioni politiche del 2022 (23,6 per cento), mentre il suo candidato alla presidenza risulta un handicap più che un asset per la coalizione". 

Nel confronto con il 2022 è andata anche peggio al M5s il cui elettorato – scrivono gli analisti –  "rimane volatile e maldisposto a partecipare al voto in elezioni regionali o amministrative": dal 23 per cento del settembre 2022, al 7,8 per cento delle regionali. Va comunque ricordato il 4 per cento ottenuto dalla lista civica "Uniti per Alessandra Todde". voti in qualche misura riconducibili all'area pentastellata. 

Buona invece la prova dei dem, la cui base rimane "incline cioè a partecipare con continuità a tutti gli appuntamenti elettorali. Il Pd perde 4 punti percentuali verso le liste locali ma nel complesso tiene e, con il 13,8 per cento, risulta, seppure di poco, primo partito dell’isola". 

 

 

Si è trattata, in definitiva, di una tornata elettorale che ha per molti versi confermato le attese: è stata effettivemente una competizione aperta – i presidenti uscenti in Sardegna non sono mai stati riconfermati. Ed è stata confermata anche la ricorrente differenza tra grandi centri e periferie (come mostra l'elaborazione dell'Istituto), "ma in maniera più attenuata" rispetto ad altri appuntamenti elettorali. 

Parlare con certezza di un netto cambio di tendenze anche a livello nazionale è comunque impossibile. Lo sottolineano gli esperti, così come il dato elettorale definitivo che assegna al centrodestra il primato tra partiti e coalizioni.  Maggiori indicazioni potranno forse arrivare nelle prossime settimane: il 10 marzo si vota in Abruzzo (se la giocano Marsilio per il centrodestra e D'Amico per un centrosinistra che in questo caso tiene insieme anche Azione e Italia viva) mentre ad aprile sarà il turno della Basilicata. Qui tuttavia le candidature dell'uscente Bardi (FI) e di Chiorazzo (con il campo largo) sono ufficiose – probabili – ma non ancora definitive

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