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Una proposta per andare oltre il premierato

Piero Fassino

Il progetto di Meloni e della maggioranza non va, ma una terza via per dare stabilità al paese ora c’è. Ecco perché è giusto che l'iniziativa assunta da un fronte bipartisan di autorevoli politici e accademici non resti inascoltata

Ci sono temi che richiedono un largo consenso politico andando oltre gli steccati che separano maggioranza e opposizione. E’ così quando si affronta l’assetto istituzionale del Paese e le regole del suo funzionamento. E le regole per essere accettate devono essere condivise dai giocatori. Non pochi guai del sistema politico derivano da riforme istituzionali e leggi elettorali sostenute esclusivamente dalle maggioranze di volta in volta in carica. Un vizio coltivato anche dalla attuale maggioranza di governo che, prima sull’autonomia regionale, e poi sul premierato ha scelto di non aprirsi alla ricerca di un’intesa bipartisan, arroccandosi in una proposta di premierato che, per come fin qui delineata, marginalizza il Parlamento, comprime il ruolo del Presidente della Repubblica, mette nell’angolo ogni soggetto di rappresentanza a partire dai partiti.Il tutto a vantaggio di un rapporto diretto leader-popolo che consegna ogni decisione in modo esclusivo a una persona sola. Ed è la ragione per cui l’elezione diretta del capo del governo non è adottata in nessun Paese democratico. E chi lo ha sperimentato - Israele - dopo pochi anni lo ha abbandonato.

 

La verità è che la presidente Meloni cerca un plebiscito sfruttando la crescente distanza tra cittadini e politica. E i sondaggi dicono la suggestione di affidare ogni decisione a una persona sola non è impopolare. Denunciare un impianto inaccettabile non può però significare la difesa acritica dell’attuale sistema istituzionale, che anzi nel corso degli ultimi trent’anni è stato più volte oggetto di progetti di riforma in gran parte senza esito. Ma proprio i ripetuti fallimenti di riforma rendono a maggior ragione necessaria la ricerca di un’intesa larga intorno ad un progetto condiviso. Che i cittadini vogliano un sistema politico e istituzionale più capace di decidere, più trasparente, più rapido e più in sintonia con le loro aspettative non è certo motivo di sorpresa o di scandalo. Ma se si vuole davvero accrescere il potere dei cittadini le modalità non mancano. Intanto si adotti finalmente una legge elettorale che restituisca ai cittadini la scelta di chi eleggere, superando voti su sole liste bloccate. Ma sopratutto è già stata adottata in Italia in precedenti elezioni l’indicazione nei simboli sottoposti a voto del nome del leader che, vincendo, avrà titolo per essere incaricato di formare il governo. Una designazione suffragata dal voto dei cittadini e fortemente vincolante. Ancora: in alcuni Paesi – Spagna, Polonia, Grecia – è formalmente statuito che il Presidente della Repubblica conferisca l’incarico di formare il governo al leader della lista che ha ottenuto più voti. Se questi non ottiene la fiducia del Parlamento, l’incarico passa al leader della seconda lista. Se anche in questo caso non si manifesta una maggioranza, il Presidente della Repubblica o conferisce l’incarico a una personalità terza o rinvia a nuove elezioni. Un sistema che vincola la designazione del premier al rispetto del voto, consentendo di evitare paralisi.

 

La destra giustifica la sua proposta sostenendo che l’elezione diretta garantisce maggiore stabilità di governo, mettendolo al riparo da crisi al buio, ribaltoni o maggioranze spurie. Ma la maggiore stabilità si può benissimo conseguire con altri strumenti già in vigore in altri paesi, come il “cancellierato” in Germania: “sfiducia costruttiva” per cui si può aprire una crisi solo quando un voto in Parlamento attesti la esistenza di una maggioranza alternativa; fiducia del Parlamento al solo Premier, liberandolo da condizionamenti e veti di maggioranza; potere del Premier non solo di proporre i ministri, ma anche di revocarli; corsie preferenziali e tempi certi di approvazione delle leggi. E se davvero si volessero rendere più efficienti e rapide le decisioni si riproponga la riforma del bicameralismo. Mi auguro perciò che l’iniziativa assunta in questi giorni da autorevoli politici ed accademici per una riforma condivisa non cada inascoltata.

Piero Fassino, deputato Del Pd

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