Il caso

La protesta degli agricoltori manda in cortocircuito la eco-sinistra sulle biotecnologie

Luciano Capone

Il Pd vota metà a favore e metà contro, il M5s vota no anche se Beppe Grillo (e il governo Conte) è per il sì. Il voto europeo sulle Nuove tecniche genomiche (Ngt) mostra le contraddizioni del "campo largo" su sostenibilità e innovazione

Quando nel “campo largo” uno dei più lucidi è Beppe Grillo vuol dire che è grande la confusione sotto il cielo. E questo è sicuramente uno degli effetti dell’irruzione nella scena politica dei trattori. Le proteste degli agricoltori hanno messo radicalmente in discussione il Green deal europeo, i suoi obiettivi e soprattutto i mezzi per raggiungerli. Ma la posizione degli agricoltori non è di esclusivo rifiuto della transizione. Ci sono punti su cui i ruoli sono ribaltati rispetto alla narrazione convenzionale: gli agricoltori sono per l’innovazione verde, mentre gli ecologisti sono su posizioni reazionarie. È il caso delle Nuove tecniche genomiche (Ngt), su cui mercoledì ha votato il Parlamento europeo.

 

Dopo un lungo percorso, i deputati europei hanno approvato l’inizio della deregolamentazione dei “nuovi Ogm” o dei “non Ogm”, a seconda dei punti di vista. Si tratta delle nuove biotecnologie, chiamate Ngt (Nuove tecniche genomiche) o nella definizione italiana Tea (Tecniche di evoluzione assistita), che modificano il materiale genetico delle piante per sviluppare piante più resistenti alle malattie. Queste nuove tecniche, come ad esempio l’editing genomico, si differenziano dai “vecchi” Ogm (perché ad esempio non si usa materiale genetico esterno alla pianta o di altra specie) ma in sostanza puntano allo stesso obiettivo: avere piante geneticamente “migliori”, cioè più resilienti e che possano ridurre l’uso di fitofarmaci.

 

Attualmente, le piante ottenute con le Ngt-Tea sono soggette alle stesse regole degli Ogm e, pertanto, l’obiettivo della nuova regolamentazione è quello di separare il destino di queste due biotecnologie in modo da consentire lo sviluppo di questo promettente filone di ricerca per, appunto, rendere il sistema alimentare più sostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico. Avere, ad esempio, un riso resistente al brusone – la malattia che affligge le risaie italiane – come quello che sta sperimentando con le Tea il team della prof.ssa Vittoria Brambilla, di cui ha scritto sul Foglio Roberto Defez, consentirebbe di abbattere l’uso di agrofarmaci e di avere imprese agricole più produttive. L’obiettivo, in generale, è quello di avere un quadro regolatorio più moderno e aperto all’innovazione per proteggere le varietà tradizionali dal cambiamento climatico e dalle malattie.

 

Il Parlamento europeo ha votato per questa proposta, che ora passa al Consiglio e ai ministri dei 27 paesi membri, con 307 voti favorevoli, 263 contrari e 41 astensioni. Da un lato la posizione di chi dice sì alle nuove tecniche “buone” perché diverse dalle vecchie “cattive”, dall’altro quella di chi dice no a tutto. La destra italiana ha votato compattamente a favore, mentre il quadro nel campo delle opposizioni è molto più complicato. Per non dire incomprensibile. Il M5s, ad esempio, ha votato contro. Il problema, però, è che il gruppo grillino a Strasburgo è stato smentito praticamente in diretta dal Garante del Movimento. Ieri Beppe Grillo, in un post sul suo blog, solidarizzando con le ragioni degli agricoltori stretti nella morsa tra sostenibilità economica e regole ambientali ha elencato le misure per affrontare il problema. Al primo posto c’è: “Sostenere la ricerca delle Ngt (tecniche genomiche non Ogm) che potranno consentire di avere produzioni meno fragili e con minor richiesta di input ambientali”.

 

Non sapeva, Grillo, che il giorno prima il suo partito a Strasburgo ha votato contro. E non sapevano gli eurodeputati grillini qual è la posizione del M5s sul tema. “Sono convintamente e intimamente a favore di un percorso che vada a separare Ogm da Ngt”, diceva due anni fa alla Camera il ministro dell’Agricoltura del M5s Stefano Patuanelli. E, non a caso, nella scorsa legislatura il M5s aveva depositato una proposta di legge (Gallinella) che apriva alle nuove biotecnologie, poi ripresa quasi integralmente dal Fratelli d’Italia (De Carlo) e presentata in questa legislatura.

 

Non è più chiara la posizione del Pd che, come spesso accade, ha votato metà a favore e metà contro. Da un lato c’è stato il sì del massimo esperto dem sui temi dell’agricoltura Paolo De Castro (insieme a Bresso, Gualmini, Picierno, Rondinelli e Variati), dall’altro il no del capodelegazione dem Brando Benifei (insieme a Bartolo, Covassi, Laureti e Moretti, più Pisapia, Smeriglio e Cozzolino che ora è fuori dal gruppo). Ciò che è paradossale, in questa storia, è che le associazioni degli agricoltori sono favorevoli alle nuove biotecnologie, sia quelle come Confagricoltura storicamente pro Ogm, ma anche la stessa Coldiretti che negli anni ha condotto un’oscurantista battaglia contro gli Ogm.

 

Ciò che a sinistra si sente è il richiamo delle organizzazioni ambientaliste, da Legambiente a Greenpeace passando per il Wwf e Slow food, che sono assolutamente contrarie sia ai vecchi sia ai nuovi Ogm. Il problema, però, è che se agli agricoltori si impone di non usare la chimica e si impedisce di usare la genetica, per costringerli a coltivare solo biologico, saltano sia la sostenibilità ambientale che quella economica. È così che la sinistra non ha visto arrivare i trattori nella Ztl. L’ha capito persino Beppe Grillo. 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali