scienza e politica

Fratelli d'Italia apre alla ricerca sul miglioramento genetico delle piante

Luciano Capone

Il ddl De Carlo liberalizza la sperimentazione scientifica su genome editing e cisgenesi. Una svolta che la comunità scientifica attende da 20 anni, superando gli assurdi divieti introdotti dalla campagna ideologica contro gli Ogm

Si è parlato molto della legge voluta dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che proibisce la “carne sintetica”, sebbene sia un divieto per ora solo inutile. Molto meno si discute di un’altra proposta di legge, sempre made in Fratelli d’Italia, che va in direzione opposta e potrebbe avere conseguenze positive concrete.

 

Ieri, infatti è stato incardinato in commissione Industria e agricoltura del Senato un disegno di legge, a prima firma del presidente della commissione Luca De Carlo, che di fatto liberalizza la ricerca scientifica sugli organismi prodotti con editing genomico e cisgenesi: si tratta, in sostanza, del superamento dell’assurdo divieto alla sperimentazione in campo aperto previsto dalla legge italiana contro gli Ogm. A differenza che in passato, quando sono state combattute assurde battaglie ideologiche reazionarie, sulla necessità per l’agricoltura e le eccellenze agroalimentari italiane di dover puntare sulla genetica per poter sopravvivere alle sfide del cambiamento climatico, ora c’è piena consapevolezza e un consenso politico trasversale. Sono infatti favorevoli alla legge quasi tutte le forze che in passato sono state strenuamente No Ogm, a partire dai produttori e dalla Coldiretti. Di conseguenza la politica segue. Non dovrebbero esserci problemi per l’approvazione, visto che la proposta di FdI – su cui il presidente di commissione De Carlo punta molto – riprende un identico ddl del M5s (prima firma Gallinella) della scorsa legislatura, durante la quale fu approvata una mozione trasversale che chiedeva di liberalizzare la ricerca su genome editing e cisgenesi.

 

L’ipocrisia del ddl è ritenere le “New genomic technique” (Ngt) completamente diverse dagli Ogm: resta il divieto per le presunte vecchie tecniche “cattive” mentre si consente la ricerca per le nuove tecniche “buone”. Così come lo è definire l’intervento normativo necessario perché la Corte di Giustizia dell’Ue ha equiparato le Ngt agli Ogm. È una narrazione ipocrita che tenta di salvare capra e cavoli. Il ddl infatti modifica la legge italiana, prodotta dall’asse verdenero Pecoraro Scanio-Alemanno, che da decenni proibisce in maniera ottusa tutta la sperimentazione genetica sulle piante.

 

La cisgenesi – che a differenza della transgenesi si basa sul trasferimento di geni da piante della stessa specie e che ora si vuole liberalizzare – è vietata a prescindere dalla sentenza della Corte di Giustizia sugli Ogm. Le ricerche del prof. Silviero Sansavini sulla mela cisgenica resistente ai funghi della ticchiolatura sono state bloccate così come sono stati distrutti gli studi sui kiwi e i ciliegi transgenici del prof. Eddo Rugini. Non c’entrano nulla la decisione della Corte di Giustizia o la nuova normativa sulle New genomic technique a cui sta lavorando la Commissione europea, perché è la legislazione italiana che blocca la ricerca scientifica e non quella comunitaria (a prescindere da come e cosa definisca Ogm).

 

Al di là degli aspetti tecnici, l’articolo più importante del ddl De Carlo è l’art. 1, quello che fissa i princìpi e gli obiettivi: il legislatore promuove la sperimentazione scientifica e il miglioramento genetico per “potenziare la sostenibilità dell’agricoltura nazionale e contribuire al contrasto al cambiamento climatico”, per ottenere “maggiore resistenza alle infezioni da parassiti e minore utilizzo di prodotti fitosanitari e di risorse idriche”. Sono esattamente gli stessi argomenti che da decenni la comunità scientifica e chiunque abbia a cuore il futuro delle produzioni specifiche italiane sempre più a rischio per i cambiamenti climatici (vedi la crisi idrica per il riso) e per i nuovi patogeni (vedi la Xylella per l’olio) utilizzano per chiedere il superamento dell’attuale legislazione che impedisce di fare ricerca sugli Ogm e sul miglioramento genetico. Scontrandosi sempre contro il muro di gomma dell’ostilità al miglioramento genetico.

 

Ora è diventato patrimonio comune, sebbene con venti anni di ritardo e di treni persi. Il superamento meritorio di questo blocco dovrebbe però aprire gli occhi al partito di Giorgia Meloni su quanto sia dannoso il proibizionismo sulla ricerca e sull’innovazione. Perché il mondo va avanti e solo l’Italia resta indietro. Il rischio è che tra qualche anno un altro governo si ritroverà a dover cambiare la legge Lollobrigida che vieta la “carne sintetica”, magari dopo aver perso il treno di numerose iniziative imprenditoriali e scientifiche come quelle dei prof. Sansavini e Rugini sugli Ogm.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali