Vandana Shiva (foto LaPresse)

Caro Renzi, rottama Vandana Shiva

Marco Valerio Lo Prete

La burocrazia fa un falò della ricerca, il presidente del Consiglio reagisca. Il prof. Rugini e la sua ricerca al rogo per ordine dello stato italiano.

“Mi prendo pure del ‘barone’, se serve. Ma io ammiro quel giovane che vuole rompere col passato, che vuole farla finita con una mentalità italiana incancrenita”, dice Eddo Rugini parlando del presidente del Consiglio, Matteo Renzi. “Ora però sarebbe il momento di rottamare Vandana Shiva dall’Expo”, aggiunge sorridente l’ordinario di Agraria all’Università di Viterbo. Ed è l’unica concessione all’ironia che fa nella conversazione con il Foglio. “Tornare alla terra, alla semplicità”, contro “il sistema industriale e globalizzato (che) è un circuito di spreco”, suggerisce l’eroina indiana anti Ogm (organismi geneticamente modificati) sul sito dell’Expo universale che si terrà a Milano il prossimo anno e di cui è madrina intellettuale. Replica Rugini: “Tornare alla terra?

 

Finora eravamo stati abituati all’idea che l’obiettivo fosse andare avanti. La recessione ci porta indietro, nostro malgrado. Ma da qui a imbellettare quello che è un ripiego, ce ne passa. Noi dobbiamo puntare su innovazione, ricerca… E poi, la Shiva sa che negli anni 50 con il valore di un quintale di grano si vestiva una famiglia e che oggi invece con 20 euro compriamo al massimo i lacci di una scarpa di marca?”. La questione, sia inteso, non è personalistica: quel che Renzi dovrebbe prendere in considerazione è che tutta l’ingegneria genetica, con annessi Ogm, è esclusa da un Expo intitolato “Nutrire il pianeta, energia per la vita”: “E’ ancora più grave – dice Rugini – Gli Ogm non sono esclusi, sono nascosti. Perché di mangimi ogm nutriamo i nostri animali d’allevamento. E mentre le varietà di piante italiane s’impoveriscono e muoiono, noi preferiamo importare dall’estero perfino la pianta del pomodoro San Marzano, un ibrido israeliano, invece che puntellare le nostre varietà con la ricerca”.

 

Rugini ha vissuto in prima persona le conseguenze del pregiudizio anti Ogm. Le sue ricerche trentennali sono finite in fumo due anni fa. E non è una metafora. Il rogo c’è stato, eccome: “Il 12 giugno 2012, nella mia università, ci è stato imposto di praticare un’iniezione letale alle piante su cui sperimentavamo, poi di sradicarle. A ottobre ricorrerà il secondo anniversario dell’incenerimento”, ricorda adesso. “Una ricerca finanziata dallo stato, frutto di una lunga preparazione, su cui ho lavorato con decine di ricercatori, è stata distrutta per ordine dello stato. Nello stesso paese in cui non c’è politico o commentatore che non riempia la bocca della parola ‘innovazione’, e non c’è associazione e sindacato che non si strappi le vesti per i tagli alla ‘ricerca’”. Ecco come è andata e perché.

 

[**Video_box_2**]“All’Università della Tuscia eravamo stati i primi al mondo a trasferire nuovi geni su piante arboree – dice il professor Rugini – Oltre 300 piante transgeniche, fra olivi, kiwi, ciliegi, costituite per essere tolleranti a siccità, freddo e diverse malattie. Da dieci anni avevamo iniziato la sperimentazione vera e propria. Ma prima di arrivare ai risultati, ci è stato imposto da Roma di bruciare tutto”. Addio risultati, ma anche addio soldi e addio giovani ricercatori. “Uno scempio”, chiosa con tono piatto Rugini, che due anni fa ha ottenuto almeno di condurre direttamente la distruzione delle sue piante. E quando si ruppe il trattore, ricercatori e studenti esultarono pure: chissà che qualche giorno in più di tempo, almeno prima di sradicare gli alberi, non avrebbe consentito un ripensamento nelle stanze del governo. Ma niente. A volte la burocrazia italiana sa essere irremovibile. E i media tutt’altro che allarmisti, per usare un eufemismo.

 

Come è possibile che una coltivazione legale, e che rispettava tutti i protocolli di sicurezza necessari, all’improvviso è stata privata del diritto di cittadinanza nel nostro paese? Un ricorso minacciato da Mario Capanna, già leader sessantottino e presidente della Fondazione diritti genetici (anti Ogm), ha fatto leva sui ritardi dello stato: “Il ministero delle Politiche agricole, per rispettare le norme europee, avrebbe dovuto stilare entro il 2007 dei protocolli per regolare la ricerca. Non lo ha mai fatto. Le regioni avrebbero dovuto identificare aree per la sperimentazione. Non lo hanno mai fatto. A quel punto il ricatto di pochi, facendo leva su un clima di generale disinformazione e pregiudizio, ha portato alla chiusura dell’unica sperimentazione di Ogm in campo aperto che ci fosse in Italia. “Era l’ultima: oggi quella sperimentazione si può fare ovunque in Europa, ma non da noi. La ricerca è vietata. Ecco il nostro biglietto da visita per l’Expo”, dice Rugini. Che ricorda pure amaramente i tre controlli delle forze dell’ordine sui ricercatori laziali, al termine dei quali non fu rilevata irregolarità alcuna: “Mentre, proprio in quelle stesse settimane, la polizia e la magistratura inglese si schieravano a difesa di campi ogm minacciati da alcune frange pseudo-ambientaliste. Ci rendiamo conto? Non a caso la rivista scientifica Nature scrisse: ‘Gli inglesi si sono dovuti difendere dai Verdi, Rugini dal suo stato’”.

 

A due anni di distanza dallo “scempio”, il professore – forse per deformazione professionale – non ama indulgere sugli allievi “emigrati negli Stati Uniti o finiti a lavorare in altri settori, per fortuna loro”. E’ “la circolazione dei cervelli”, ma quando è a senso unico, e in uscita dall’Italia, “diventa un problema”. Si duole per certo dei “fondi pubblici totalmente sprecati”, del “clima instaurato nel paese e della rassegnazione indotta in centinaia di professori e ricercatori”. E conclude con un appello: “Innovazione vuol dire investimenti, sacrifici, cultura diffusa. Nel boom economico degli anni Sessanta beneficiammo della ricerca dei decenni precedenti, anche dei tempi del fascismo, oltre che della vitalità dei lavoratori e degli imprenditori di allora. Poi però ci siamo progressivamente fermati – dice Rugini – Oggi quelli che predicano un’agricoltura museale, che esiste solo nella fantasia di certi poeti e di alcuni politici, perché nemmeno la conservazione e il miglioramento delle specie vegetali autoctone sono possibili nello status quo, contribuiscono a imporre all’Italia un futuro raffermo e polveroso. Renzi potrebbe dare un altro segnale positivo rottamando certi santoni e certi tabù dell’Expo di Milano”.

 

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