Elly Schlein - foto Ansa

Il pane e le rose

Elly Schlein commemora Luigi Berlinguer, tra il sogno e la dura realtà d'opposizione

Marianna Rizzini

Il Pd di ieri e di oggi ricorda il "politico puro, l'uomo dal multiforme ingegno"alla Camera. "Siamo per lo ius soli. Se resta l’elezione diretta del premier, da noi avranno ferma e dura opposizione" dice la segretaria, che cerca di mettere insieme il pranzo con la cena

“Siamo per lo ius soli, chi nasce in Italia è italiano”. È quasi sera quando la segretaria Pd Elly Schlein dice la frase che le parole precedenti preparavano: la scuola che include, che abbatte steccati, e l’ascolto reciproco che “tira giù muri di pregiudizio”. Si omaggia alla Camera il compianto Luigi Berlinguer, professore e ministro, insegnante e combattente, alla presenza dello stato maggiore del Pd del recente passato (tra gli altri, spiccano Anna Finocchiaro e Livia Turco) e del presente (Francesco Boccia, Chiara Braga, Anna Ascani, Andrea Orlando, la segretaria in persona). Si parla di un politico e di un “uomo dal multiforme ingegno”, dice il volantino dell’evento, con omerica nostalgia. E se Luigi Berlinguer ricorda agli astanti l’Ulisse che applicava l’intelligenza “in maniera inusitata”, come ricorda un oratore, e se ci si lascia ispirare, pensando all’ex ministro, dal suo umanesimo integrale, Schlein deve invece mettere insieme il pranzo con la cena (che fa Giuseppe Conte? Che fa Giorgia Meloni con Stellantis?).
 

“Se resta l’elezione diretta del premier, da noi avranno ferma e dura opposizione”, dice a un certo punto la segretaria dem, a margine del convegno dove pure deve lanciarsi contro la maggioranza smantellatrice (sanità e  scuola) che non affronta il tema del diritto allo studio e del caro affitti. E insomma: se Anna Ascani, parlando di Berlinguer, evoca la parola comunità (magari ci fosse!), e Braga, nel rievocare il ministro Berlinguer “con lo zainetto” e la “fermezza delle passioni”, invoca il “dialogo” tra tutti i protagonisti” di questa epoca difficile; e se Boccia rimpiange il defunto, politico “vero e puro” e grande intellettuale, Schlein deve parlare come mangia: le Europee (“ci avviciniamo a una scadenza fondamentale, in mezzo al dramma di nuovi conflitti”) e l’infinito post-pandemia (“lotta alle diseguaglianze”, “conversione ecologica”; “ragioni degli agricoltori”). Prende appunti, Schlein, quando l’ex ministro viene definito “persona” da “arcipelaghi”. Il maestro Paolo Fresu, sardo come Berlinguer, ricorda il loro primo incontro, con il professore intento a spiegare, durante un evento, che lui non intendeva affatto pranzare in piatti di ceramica quando tutti gli altri pranzavano in piatti di carta – e si vede che il concetto piace al nuovo Pd (Braga, Boccia) che ascolta rapito anche l’altro aneddoto del musicista: Berlinguer che sale a piedi lungo un sentiero dolomitico per ascoltare un concerto di Fresu davanti a un rifugio, vestito da runner, a 85 anni. “Scuola mista e meticcia”, dice Fresu, e si capirà, alla fine, che per Schlein quelle parole sono canovaccio per insistere sul concetto: chi nasce in Italia è italiano (prossimo fronte del rinnovato scontro con Meloni, visto anche l’atteggiamento evitante di Conte sull’alleanza M5s-Pd). “Persona” da “arcipelaghi”, ripete qualcuno (magari ci fossero, dicono gli occhi di alcuni presenti dem).
 

L’ex ministro Francesco Profumo ricorda le discussioni con il professore sulla “scuola inclusiva”. E, man mano che ci si avvicina all’intervento di Elly, si parla di “espulsione scolastica”, non di abbandono: la scuola non inclusiva ti espelle di fatto, ed è proprio quella che “il Berlinguer totus politicus” avrebbe voluto estirpare. “Luigi ci avrebbe detto”, dice un oratore, “uscite da qui e andate a lavorare”. L’ex ministro Valeria Fedeli ricorda i giorni del grande sciopero sulla Buona scuola e l’ossessione positiva di Berlinguer: strumenti di istruzione fin dalla nascita (scuola da 0 a 99 anni, dirà Schlein). L’ex braccio destro di Enrico Letta —  Marco Meloni, senatore dem — ricorda i giorni della legge Gelmini, con Berlinguer come consigliere sul tema: come evitare i percorsi-silos, in cui “un bambino povero non incontra mai quello ricco”, specie nel tempo lasciato libero dalle ore di lezione. “Un riformista della politica”: la definizione è per Berlinguer, ma chissà a che cosa (e a chi) si pensa. Schlein è preoccupata per i giovani: che ne è stato di Next Generation Eu? “Rischiamo di veder chiudere una finestra che si era aperta”. Incombe la paura del futuro. Serve un antidoto, dice Schlein. Nell’attesa, può andare bene anche un sonoro “no” detto a Giorgia Meloni (premierato, autonomia). 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.