Consigli cinematografici
Nel Pd che vorrei, Elly Schlein arriva in ritardo per colpa di un film
La segretaria dem ha tardato di un giorno il seminario a Gubbio per andare al cinema. Da “The Wolf of Wall Street” a "I dimenticati": ecco qualche titolo che può dare sostegno alla sua leadership ancora un po’ impalpabile e zoppicante
Nel mondo (e nel Pd) che vorrei, Elly Schlein arriva a Gubbio il giorno dopo, a seminario del Pd concluso, e spiega ai giornalisti le ragioni del ritardo: “Ho visto molte elucubrazioni sulla mia assenza, sono arrivata oggi perché ieri sono andata a vedere un film stupendo, signori possiamo dirlo: Siani ha fatto centro un’altra volta!”. Caso politico, panico in sala, scissioni tra sianisti e pioeamedeisti. Una piccola “Bolognina”. Subito altre primarie. Si sa invece com’è andata. Elly è andata a vedere “Kripton”, strutture psichiatriche e periferia romana, al Troisi, la sala dei ragazzi del Cinema America, “un film che dovrebbe vedere chi sta smantellando la sanità pubblica”. Nessun colpo di scena insomma. Se non l’imbarazzo dei colleghi di partito ritrovatisi a Gubbio senza segretario, mentre Schlein si giocava la carta, “vale più un film impegnato di mille parole” (e però trasformava il conclave del Pd in un remake del “Grande Capo” di Von Trier, commedia degli equivoci su come si può simulare una leadership che non c’è).
La segretaria del Pd sarà poco in linea col paese reale, ma di sicuro è sintonizzata col gran momento che sta vivendo la cinefila. In vetta al box-office ci sono Miyazaki e Wim Wenders con un film su un sessantenne che pulisce i bagni pubblici a Tokyo che di sicuro avrà già visto due volte. E poi si sa che Elly ha una debole per il cinema. Ha fatto il Dams a Bologna. Quindi non Marvel, Blockbuster, Hollywood, ma Kim-Ki-Duk, Wong Kar-wai, documentari sull’Albania, l’ipnotico “cinema del reale” italiano. Elly Schlein voleva fare la regista. L’impegno e la politica erano il piano B e non tutti hanno i superpoteri di Veltroni che riusciva a dirigere sia il Pd che i film.
Si potrebbe però approfittare di questo curioso incidente (l’equivalente arthouse della pausa-toilette di Giorgia Meloni in conferenza stampa) per consigliarle qualche bel film. Qualche titolo che possa dare sostegno alla sua leadership ancora un po’ impalpabile, zoppicante, così-così, mentre di là si gonfiano i muscoli a botte di Tolkien. Per esempio, per aumentare il carisma e la capacità di fare team-building, niente di meglio che “The Wolf of Wall Street”. Scorsese in purezza e Di Caprio sotto anfetamina che spiega come costruire, gestire, motivare una squadra a raggiungere i suoi obiettivi. Oppure, senza tutto quel patriarcato di Scorsese, dovrebbe studiarsi “Joy”, film del genere “fallire-e-rialzarsi” sulla caparbietà e determinazione con cui Jennifer Lawrence inventa il mocio per pulire i pavimenti, fa un sacco di soldi, e mette tutti i maschi in riga.
Le suggeriamo anche quel capolavoro incompreso che è “Moneyball”, scritto da Aaron Sorkin, sul mondo del baseball americano, con Brad Pitt general manager degli Oakland Athletics che rivoluziona il campionato utilizzando per primo i metodi statistici contro tutto e tutti (morale: un computer può formare una squadra meglio dell’istinto umano, perché non provare un Pd con l’intelligenza artificiale?). E poi per venire a patti con un po’ di quella cultura dell’individuo che a sinistra ancora latita, per smussare i tratti del suo anticapitalismo vintage, la segretaria del Pd dovrebbe vedersi e rivedersi “Air”, di Ben Affleck. La battaglia dietro le scarpe di Michael Jordan come formidabile metafora del meglio del capitalismo: cultura d’impresa, concorrenza, capacità di convincimento e “mano invisibile” che innesca effetti benefici a cascata su tutti, perché la competizione non è nemica della redistribuzione, ma vallo a spiega’ a Gubbio.
Ma soprattutto le consigliamo di rivedersi (perché se ha fatto il Dams lo conosce sicuramente) un vecchio classico di Hollywood in bianco e nero, “I dimenticati”, capolavoro di Preston Sturges con Veronica Lake. Stanco di girare commediole e musical, il protagonista del film ha deciso che la sua prossima opera sarà rigorosamente realista. Basta lustrini e risate. Vuole fare un film sui poveri. E allora si traveste da povero. Vive da povero. Pensa da povero. Vuole identificarsi fino in fondo con “gli ultimi”, i dimenticati appunto. Solo che alla fine, proprio stando in mezzo a loro, scopre che agli ultimi dei film sociali e impegnati non gliene frega niente. Preferiscono invece ammazzarsi di risate con Mickey Mouse. Finalmente esce dal malinteso, torna alla commedia, fa sua la lezione (già la vita di questi poveracci è abbastanza dura, perché infliggergli anche lo strazio del documentario sociale?). Ecco un bel modo di cominciare il prossimo congresso del Pd, “signori ieri sera ho rivisto un film stupendo, ‘I dimenticati’ di Sturges e ho capito che…”.
L'editoriale del direttore