(foto Ansa)

C'era una volta lo Zaiastan

Lega colabrodo. In Veneto metà assessori sono pronti a passare a Forza Italia

Francesco Gottardi

È l’ennesimo capolavoro alla rovescia delle truppe di Salvini, avulse da una realtà che vede il Carroccio travolto alle urne (da Fratelli d’Italia) e nei palazzi (dai forzisti). Alla vigilia delle europee, gli amministratori della vecchia guardia dicono basta

Altro che terzo mandato: Zaia sarà fortunato se quello in corso scamperà il naufragio. È il cicalio che da qualche settimana va diffondendosi in casa Liga. Pare fantascienza. Non è che pura questione di numeri: Gianpaolo Bottacin, Federico Caner e Roberto Marcato sono pronti a saltar giù dal Carroccio a trazione salviniana – i primi due in direzione Forza Italia, il terzo non scioglie ancora le riserve. Insieme, fanno la metà degli assessori leghisti in giunta regionale. E oltre un terzo dei totali. Tradotto: la legislatura rischia di chiudersi nel segno di un partito – quello di Tajani – che quassù alle ultime elezioni aveva racimolato il 3,5 per cento. Con i meloniani che nel frattempo fanno lo stesso sul piano dei consensi. Pare di nuovo fantascienza: la Lega del 50 per cento (europee 2019), del plebiscito per il presidentissimo (regionali 2020), all’improvviso si sente mancare il Veneto sotto i piedi. Spazzata via dai palazzi e maltrattata alle urne. L’ennesimo suicidio perfetto dei fedelissimi di Matteo.

 

La cosa che fa ammattire la vecchia guardia, è che a loro nemmeno dispiace. Ne hanno passate tante, i militanti della prima ora. Diktat, purghe, svuotamenti identitari. Ma rinunciare a combattere, questo Marcato e soci non riescono proprio a sopportarlo. Le disastrose comunali dell’ultimo biennio dovevano essere un campanello d’allarme. Il congresso al veleno dello scorso giugno, un doveroso spunto di riflessione. Invece nisba. Porte in faccia. A presidiare i gazebo – i veri santuari del vetero-leghismo – non c’è più nessuno, rivelano fonti interne. Eppure per Alberto Stefani tutto va bene. “Assessori in partenza? Tutti sanno che io sono aperto al dialogo”, il nuovo segretario risponde serafico al Gazzettino. “Volano gli stracci? Si tratta di opinioni personali. I sondaggi ci danno in calo? La media è positiva. E comunque mi interessano di più i progetti per gli elettori”.

La sensazione è che il dirigente viva in un altro mondo. Ignaro del crocevia elettorale in programma a giugno: una nuova debacle, per la Lega vorrebbe dire consegnare la regione a meloniani e forzisti senza condizione alcuna. E allora, ragiona la base, agli yes men di Salvini il risultato non interessa poi così tanto: basta sfangare quel 4-5 per cento necessario a tutelare gli scranni del cerchio magico. Paolo Borchia, Rosanna Conte. Il resto, da Venezia a Bruxelles, ch’el se rangia. Se la cavi da sé. La frustrazione monta perché i pezzi grossi vedono ignorato il loro scontento. A dicembre Bottacin aveva disertato il raduno della Lega per partecipare a un convegno forzista. E mentre Salvini straparlava ai sovranisti europei, dal palco di Firenze, Marcato si tappava il naso. Nessuno, da Via Bellerio, sta provando a trattenerli. Tosi invece, incoronato da Berlusconi un anno fa e in cerca di campioni di preferenze, stende loro il tappeto rosso: via gli antichi dissapori – l’ex sindaco di Verona fu espulso dal Carroccio nel 2015 –, in salvo gli antichi valori. Ormai c’è più Liga in Forza Italia che nella Lega, nei corridoi si scherza ma neanche troppo – Boron, Forcolin, Vallardi: l’esodo è ben avviato. È lì che sta confluendo il federalismo della prima ora, l’anima dell’autonomia che verrà (se verrà). E se cambia colore la giunta, a stretto giro farebbero pressione anche i consiglieri regionali.

 

Che la pax zaiana sia agli sgoccioli ormai è cosa appurata: quest’anno è saltata perfino la tradizionale cena di Natale attorno al governatore. Si aspetta la resa dei conti, elezioni alla mano. Ma in un universo parallelo Salvini continua a parlare di sblocco dei mandati (pubblicità), sponsorizzando Stefani anche per il dopo Zaia: le altre destre già ringraziano. Gli assessori con la valigia pure. Hanno visto fin troppo.

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