Il Conte Bonaccini. Pronto a correre alle Europee è un cruccio per la segretaria

Gianluca De Rosa

Il governatore vorrebbe il terzo mandato, Schlein non può darglielo, ha bisogno di lui ma sa che spedendolo a Bruxelles ne fa il miglior candidato alla sua successione in caso di flop elettorale

Centomila preferenze per prendersi il partito. Incombente ma leale. Pronto a sostituirla ma senza tradirla. Non c’è solo Giuseppe Conte a insediare il futuro di Elly Schlein, attenti anche a Stefano Bonaccini, fido aiutante, ma anche possibile successore. Il destino del presidente del Pd e dell’Emilia-Romagna è incerto. A novembre scadrà il suo secondo mandato. Lui attende e sogna il terzo giro di giostra, ma è pronto anche, in alternativa, a candidarsi alle elezioni europee. Lo ha detto qualche giorno prima di Natale in un’intervista al Corriere, edizione di Bologna: “Sono a disposizione del partito, ma con Elly non ho ancora parlato”. In caso di candidatura a Bruxelles l’obiettivo è già pronto: superare le centomila preferenze (tra i suoi supporter c’è chi parla persino di 300-400 mila voti potenziali). Numeri che ne farebbero il capo delegazione del Pd al parlamento europeo, ma soprattutto il candidato ideale alla reggenza della segreteria  in caso di flop elettorale di Schlein. Refrattario al ruolo di  leader dell’opposizione interna Bonaccini è stato leale fino in fondo: segreteria unitaria doveva essere e segreteria unitaria fino ad adesso è stata. In fondo, il miglior alleato di Schlein. Non è un caso che le correnti che l’hanno sostenuto al congresso dello scorso anno, a partire da Base riformista, la corrente degli ex renziani, hanno con lui il dente avvelenato. “Altro che Schlein, lei, Orlando e Francheschini se li tiene buoni, e a disarticolare le correnti ci ha pensato Stefano”. E in effetti da settimane si attende invano l’organigramma di “Energia popolare”, il correntone di Bonaccini che avrebbe dovuto unire riformisti e cattolici. “Anche sulle candidature Stefano è silente”, dice un parlamentare che al congresso ha sostenuto il governatore.


Adesso comunque è Schlein ad avere bisogno di lui per recuperare i voti di moderati e imprenditori, togliendosi di dosso quella patina di sinistra radical chic che rischia di costarle cara alle europee. Bonaccini, è il suo mantra, “è a disposizione”. In cambio però gradirebbe che Schlein dicesse che il Pd è favorevole a una modifica legislativa che consenta ai presidenti di candidarsi per la terza volta. Per la segretaria la questione è delicatissima. Già in passato ha detto di no perché l’argomento riguarda anche il presidente della Campania Vincenzo De Luca che vuole ricandidarsi contro la volontà di Schlein che usa la regola come “buon argomento” per fermare il vulcanico governatore. Ma è proprio questo che chiede in cambio alla segretaria Bonaccini. L’alternativa per Schlein è candidarlo alle europee, ma con il rischio che Bonaccini (già vincitore nei circoli al congresso dello scorso anno) faccia il botto. Un’acclamazione che ne farebbe di fatto il successore ideale di Schlein se il Pd rimarrà sotto il 20 per cento. E infatti la segretaria preferirebbe per il governatore un’alternativa più tortuosa, ma meno pericolosa. Candidare in Europa la senatrice del Pd  Vincenza Rando, così da liberare un posto a palazzo Madama, consentendo a Bonaccini di candidarsi per quel seggio emiliano-romagnolo alle elezioni suppletive, a mandato regionale ormai scaduto (mentre in caso di candidatura a Bruxelles a giugno dovrebbe anticipare di qualche mese la fine del suo mandato che termina a novembre).


D’altronde anche la stessa Schlein, consapevole di sondaggi non proprio eccezionali, vorrebbe candidarsi capolista in tutti i collegi. Un modo per contarsi e, in caso di insuccesso del partito, ma di riuscita della sua candidatura,  mostrare che lei è forte, mentre il Pd è ormai un bad company.  Le donne dem però non vogliono: la legge elettorale per Bruxelles prevede la parità di genere,  la candidatura della  segretaria  finirebbe con il togliere il posto alle colleghe.  Per adesso si valuta dunque la possibilità della candidatura della segretaria in uno solo dei sei collegi in cui la legge elettorale divide il paese. Per paradosso il soccorso potrebbe arrivare  da Giorgia Meloni. Se durante la conferenza di fine anno (rinviata) la premier annunciasse la sua candidatura, la segretaria avrebbe buon gioco a candidarsi anche lei.

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