Il racconto

Zuffa in Emilia-Romagna: Schlein vuole Taruffi governatore, Bonaccini no

Simone Canettieri

La segretaria si è stabilita tra la Via Emilia e la riviera: vuole il suo braccio destro candidato governatore. Ma il presidente uscente punta su altri due nomi: De Pascale o De Maria

Ieri era a Bologna per la commemorazione della strage, oggi sarà nel modenese e nel reggiano, tra salamelle e foto con le cuoche (di Elly, non di Lenin). E poi certo, la festa nazionale dell’Unità a Ravenna a fine mese  e la segreteria convocata al circolo Busecchio di Forlì due settimane fa. In mezzo ci sono stati  i giri a Cesena, perlustrazioni nei territori alluvionati, e l’abbraccio a Patrick Zaki in piazza Maggiore.  Nell’ultimo mese Elly Schlein ha deciso di presidiare la sua regione, l’Emilia-Romagna, quella che lanciò nel 2013 come attivista di OccupyPd. E’ il feudo del suo sfidante Stefano Bonaccini che vuole battere per la seconda volta: imponendo il suo braccio destro a discapito dei fedelissimi del governatore, ormai al secondo mandato. 


In tutte le sue incursioni, su e giù per la via Emilia, o a destra e sinistra della riviera romagnola, la segretaria del Pd si porta sempre con sé Igor Taruffi. Segnatevi questo nome: è l’assessore regionale al Welfare, Politiche giovanili e Politiche per il sostegno e lo sviluppo della montagna e delle aree interne. E’ nato a Porretta Terme, nasce in Rifondazione, viene da Sel, è un ex giocatore di calcio, ha il viso tondo e rubizzo. E’ un amico personale del maestrone, Francesco Guccini. Schlein, che gli ha ceduto il posto in giunta quando si è candidata in Parlamento, una volta diventata segretaria lo ha nominato responsabile dell’organizzazione del Pd. Quando lo paragonano a Pietro Secchia, omologo nel ruolo ma nel Pci, lui arrossisce e si fa umile: “Magari, ma grazie comunque!”. E’ il tortello magico. Schlein lo vuole governatore al posto di Bonaccini all’inizio del 2025. Il presidente con gli occhiali a goccia non otterrà dal Nazareno il via libera al terzo mandato perché significherebbe riaprire la pratica con “i cacicchi”, vedi Vincenzo De Luca in Campania o Michele Emiliano in Puglia. E qui al momento l’ipotesi che possa candidarsi alle europee nel 2024 è più che concreta. Se ciò dovesse avvenire la regione non andrebbe subito al voto perché per statuto potrebbe essere retta dal vicepresidente, Irene Priolo, fino alla prima finestra elettorale. L’attivismo di Schlein nella sua terra politica d’origine – come si sa è nata e cresciuta a Lugano, in Svizzera – inizia a insospettire e non poco la minoranza del Pd, la “non corrente” nata a Cesena, sulla spinta di Bonaccini, con il nome “Energia popolare”. Anche su chi governerà la regione-rossa-topos d’Italia la segretaria e il suo sfidante hanno idee del tutto opposte. Lei vuole il suo Igor, lui ha in mente due nomi. Il primo è quello del fedelissimo Andrea De Maria, deputato alla seconda legislatura, già sindaco dell’iconica Marzabotto. La seconda opzione porta al sindaco di Ravenna e presidente dell’Upi Michele De Pascale, sostenitore di Bonaccini al congresso Pd e tra i primi lo scorso 28 giugno a bocciare la nomina di Francesco Paolo Figliuolo a commissario per la ricostruzione in Emilia-Romagna in maniera netta. E con queste parole: “Preferivamo Stefano, il generale è competente, ma non è la Zecca dello stato”.

Nel Pd, partito che pensa sempre alle prossime elezioni, si inizia a parlare di questa sfida fra “Elly” e “Stefano” sempre con maggiore insistenza. Come una sorta di match di ritorno. Dopo il primo vinto a sorpresa tra i gazebo dalla segretaria lo scorso fine febbraio. Potrebbero esserci dunque le primarie anche in Emilia-Romagna e sarebbero, questo sì, un vero test per la sinistra. Perché se nel 2020 Matteo Salvini iniziò il declino elettorale sotto le due torri, con citofonate agli spacciatori e la nascita delle Sardine, non è detto che Giorgia Meloni,  non riesca nell’impresa. Una preoccupazione che viene usata dai due mondi del Pd per dire: non possiamo permetterci errori, il nostro candidato è meglio del vostro.

Sicché Schlein tiene duro e si organizza anche internamente. E invece di sfogliare la margherita benedice “Rosa rossa”. Ovvero il think tank presieduto da Emanuele Felice e Valeria Termini   che  ha nel consiglio direttivo Nadia Urbinati, Andrea Roventini, Filippo Barbera, Gianluca Busilacchi, Caterina Conti, Alfredo D’Attorre, Marianna Filandri e Rossella Muroni. Tra i padri nobili  c’è il trio  Orlando–Provenzano–Speranza. Il Pd si disarticola, si organizza, si divide, dà sfogo alle “aree culturali” in vista delle prossime battaglie . Ci sono le elezioni europee e poi lo stress test dell’Emilia-Romagna dove la destra sogna il più  mancino dei tiri.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.