(foto Ansa)

editoriali

Perché Meloni doveva andare a Bologna

Redazione

La sconfitta del terrorismo è l’orgoglio d’Italia, e va rivendicato. Anche alle commemorazioni come quella del 2 agosto

C’è qualcosa che non va se ormai da lungo tempo le grandi commemorazioni nazionali, dalla strage di Bologna a via D’Amelio, dal 25 aprile a Piazza Fontana, sono finite ostaggio di piccole minoranze facinorose che impediscono ai rappresentanti dello stato di partecipare e sporcano, con il loro fanatismo, il ricordo di fatti importanti o tragici che appartengono alla storia unitaria di questo nostro paese. Oggi a Bologna,  la commemorazione delle vittime della strage della stazione si è svolta in due fasi, una prima parte ufficiale a palazzo D’Accursio, cui ha partecipato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, e poi la manifestazione del cordoglio “popolare” in piazza. Il rappresentante del governo ha scelto di non esporsi alle contestazioni di piazza, come aveva fatto anche Giorgia Meloni in occasione del ricordo dell’uccisione di Paolo Borsellino.

E c’è forse qualcosa di sbagliato anche in questa decisione di non affrontare i fanatici ultra minoritari che sporcano quelle piazze e quelle ricorrenze. Il rischio, alla lunga, è di perdere, come in parte sottolineava Luciano Violante in un’intervista sul Messaggero, il senso di quegli eventi. Il terrorismo e l’eversione degli anni Settanta, così come il terrorismo mafioso, furono sconfitti dall’Italia, dalla Repubblica, dalla democrazia e dal concorso di tutte le forze politiche e sociali del paese che si dimostrarono salde e consapevoli. L’Italia porta l’orgoglio di quella resistenza, e ricordare i caduti significa onorare il paese sfregiato che tuttavia alla logica terrorista non si è mai piegato. Per questo sarebbe assai opportuno che i rappresentanti delle istituzioni non si spaventino degli usurpatori e degli estremisti che a via D’Amelio, come a Bologna, maneggiano talvolta persino inconsapevolmente quello stesso linguaggio eversivo e terrorista che credono di contrastare. Il ministro dell’Interno deve parlare al paese nel rispetto della sua storia, rappresentandone l’orgoglio. Come pure il presidente del Consiglio. Non possono nascondersi.

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