a cesena

La due giorni di Bonaccini. Come fare opposizione a Schlein senza opporsi?

Marianna Rizzini

Il governatore emiliano ha tenuto a battesimo "Energia popolare", la creatura che nessuno vuole chiamare "corrente". Intanto Schlein ha sostituito Gianni Cuperlo al vertice della Fondazione Pd, nominando al suo posto Nicola Zingaretti

Hanno fatto tutti gli auguri a tutti: in bocca al lupo, viva il laboratorio di idee, viva il Pd. E si sono sforzati tutti di guardarsi allo specchio sottolineando le cose che dovrebbero in teoria unire. E insomma, oggi la città di Cesena ha tenuto a battesimo “Energia popolare”, la creatura di Stefano Bonaccini che nessuno (men che meno il governatore emiliano e presidente Pd) vuole chiamare “corrente” ma che da giorni in molti fanno fatica a non chiamare sottotraccia “correntone”. “Ma c’è anche la segretaria Elly Schlein”, ripetono da giorni i pompieri e i dissimulatori. “Ma c’è anche Romano Prodi”, dicono i maliziosi, ché la presenza dell’ex premier pare diventata palindroma: viene letta come abbraccio di rafforzamento della segretaria, ma anche, al contrario, come assist all’ecumenismo apparente di una certa area di minoranza.

 

E se nel pomeriggio si attendeva l’incontro tra Shlein e Bonaccini, sabato si attendono i tre discorsi (quello di Prodi compreso) e si soppesano assenze e presenze, all’indomani del giorno in cui Schlein ha sostituito Gianni Cuperlo al vertice della Fondazione Pd, nominando al suo posto l’ex governatore del Lazio Nicola Zingaretti. Bonaccini intanto ha lanciato la sua “Energia popolare” come “area culturale” per dare “un contributo” di proposte. “L’intento ovviamente non è demolitorio delle idee altrui”, dice un sostenitore del governatore emiliano, in questi mesi già accusato di eccessivo appeasement verso l’impostazione della neo-segretaria.

 

Ma non corre soltanto a Cesena la linea del fronte, quanto più su, in quel di Bruxelles e di Strasburgo, luoghi metaforici di sperato riscatto per un Pd sconfitto alle ultime Politiche, ma anche terre di rilancio per chi, sul territorio, ha raccolto consensi mentre il partito perdeva voti: sindaci, amministratori, volti noti e meno noti che hanno sostenuto Bonaccini alle primarie e che sanno di essere stati, in questi anni, lo scheletro che reggeva l’emaciato organismo dem. Chi candidare alle Europee, se non quelli che già hanno vinto? è il pensiero che, neanche troppo nascostamente, attraversa alcune stanze del Nazareno, dove periodicamente corrono, non per niente, i nomi dello stesso Bonaccini (“ma non è così, vuole rimanere in Emilia Romagna”, è il ritornello del suo inner circle) e anche quelli di due sindaci amati nelle loro città e rispettati trasversalmente: Dario Nardella, sindaco di Firenze, e Antonio Decaro, sindaco di Bari.

 

Anche Nardella, non più tardi di un mese fa, ha preso ufficialmente le distanze dall’ipotesi che ufficiosamente non viene scartata negli ambienti a lui vicini: “Ho un altro anno da fare come sindaco”, diceva Nardella, “e devo lavorare su molte cose che dobbiamo realizzare a Firenze. Non sono uno che chiede posti. Sarà il partito e saranno i cittadini a esprimere una volontà verso i propri rappresentanti”. Anche a Bari Decaro ha davanti un anno. Le regionali, l’approdo che sembra naturale, sono nel 2025. Le Europee nel 2024. Perché no? si sono interrogati i sostenitori dell’idea in Puglia, pensando al sindaco e presidente Anci, pur consapevoli della presenza di altri nomi (Lucia Annunziata? Pina Picierno?) per la competizione di Strasburgo.

 

“Le chiacchiere stanno a zero”, dice un deputato dem romano, alludendo al fatto che “tutto deve passare dal via”. E cioè da lei, la segretaria Schein oggi a Cesena, in terra bonacciniana e con l’ex rivale che sottolinea la volontà di “non tagliare il ramo su cui siamo seduti”. E anche, in qualche modo, di non precludere ad alcune personalità la via suddetta, visto che colei che farà i nomi dovrà essere lei, Elly. Che oggi, a proposito della Fondazione pd al cui vertice siede ora Zingaretti, diceva: “Un luogo in cui sviluppare un pensiero curioso, lungo e profondo e dove promuovere un confronto che valorizzi il pluralismo interno”. A Cesena ascoltavano (“serve la traduzione?”, scherzava un parlamentare emiliano), consapevoli della missione: non segare il ramo su cui si è seduti.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.