L'intervista

“Meloni non è Milei, ma noi liberali di destra ci accontentiamo”. Parla Nicola Porro

Gianluca De Rosa

Extraprofitti, carne sintetica e cervelli in fuga i tre inciampi del governo secondo il volto Mediaset: "Ma la premier ci sa fare e in Europa ha sconfitto la religione ambientalista"

“No, certo questo non è un governo di destra liberale, in questo paese i liberali non ci sono, però è un sano governo di destra conservatrice”. Nicola Porro, volto Mediaset e della rassegna stampa più sopra le righe di Instagram (la “Zuppa di Porro”), una passionaccia per Milton Friedman e il liberismo economico non se la sente di apporre il bollino di “liberalità” sul governo di Giorgia Meloni. Ciononostante ne approva almeno in parte l’operato. “E’ chiaro – dice – che il mio mito è Javier Milei ( ormai ho una voce nella testa che ogni cinque grida ‘Afueraaa!!!), quando hai un mito così è difficile dare un giudizio sereno su chiunque altro, ma purtroppo di Milei  non ce ne sono, e il meglio è nemico del bene”. Quindi bene Meloni, anche per voi liberali di destra? “Certo su alcune cose sono stati fatti degli errori grossolani, quella sugli extraprofitti delle banche resta indubbiamente la cazzata massima, per di più un errore non solo anti liberale, ma anche poco conservatore”. Perché? “Un governo conservatore serio non attacca le banche, ma prende i soldi da loro,  gli dice ‘sentite, mettiamoci intorno al tavolo e capiamo quanto ci potete dare’. Poi? “Un’altra scelta discutibile è quella sul rientro dei cervelli”. Ci dica meglio. “In quella norma – afferma Porro – c’è un bug mostruoso perché vale soltanto se chi torna guadagna meno di 600 mila euro all’anno, esistono come delle vecchi incrostazioni un po’ stataliste”. Infine la carne sintetica.  “Non si possono fare norme antiscientifiche, è una follia totale, la scienza non può avere limiti imposti da una legge”.

 

Ma tolto questo elenco degli errori Porro promuove il governo. “Sull’immigrazione è il miglior governo degli ultimi 30 anni”. Infine l’Europa. “E’ lì – dice – il maggior successo di Meloni, per il quale io godo come un pazzo: la premier ha contribuito alla morte della religione ambientalista e del timmermanismo (nel senso del vicepresidente della Commissione europea, il socialista olandese Frans Timmermans ndr)”. A proposito d’Europa, con il Mes la premier non si è giocata quella credibilità che aveva faticosamente conquistato? “In effetti è un po’ come un’assicurazione di cui non abbiamo pagato il premio, quello che in economia si chiama free riding: abbiamo portato a casa gli eurobond con il Covid, ma non abbiamo voluto pagare il premio su possibili prossime crisi, ma resta un dettaglio, un’impuntatura politica, rispetto alla revisione del patto che è stata  positiva per l’Italia”. Anche perché per Porro il vero errore economico in Europa quest’anno non l’ha fatto Meloni, ma la presidente della Bce Christine Lagarde: “Non perché ha alzato i tassi, ma per come lo ha comunicato, quelle di Lagarde sembrano le uscite della Ferragni, totalmente sconclusionate”.


Il giornalista si vanta di aver portato Elon Musk, il mr X, alla festa di FdI Atreju della scorsa settimana. E però in molti sono critici: Meloni invita Musk, ma non lo fa investire in Italia. “Sono stato la prima persona a chiamare Meloni al telefono per dirle ‘ guardi che ci sarebbe la possibilità di vedere Elon Musk’,e lei sul momento non ha detto ‘Uao’, ci ha riflettuto un po’, poi a giugno del 2023  lo ha ricevuto, hanno iniziato a capire su che cosa potevano lavorare insieme, però prima di fare investire in Italia, dobbiamo fargliela conoscere, Musk del nostro paese conosce l’impero romano e poco più, ma  ha veramente voglia di fare delle cose da noi, vi stupirete”. Il mileiano Porro chiude con un consiglio al governo non proprio liberale. “Sono scettico sul mezzo miliardo di privatizzazioni previste della manovra, non fraintendetemi, io privatizzerei tutto, però in questo caso sarebbe meglio aspettare, ritardare le privatizzazioni in modo da avere un tesoretto per il 2027-2028 quando terminerà la flessibilità del nuovo patto avranno bisogno di capire dove andare a reperire le risorse”.

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