(foto Ansa)

Lo Stretto tra Lega e FI

Così Salvini usa i soldi del Ponte per irritare Schifani (e logorare Tajani)

Luca Roberto

Il leader della Lega cerca una strada per evitare di subire il sorpasso di Forza Italia. La lite sui fondi per l'opera e l'attacco del presidente della Sicilia: "Mi auguro che non si apra un conflitto istituzionale che non vuole nessuno"

Usa il Ponte sullo Stretto come una clava per logorare un partito che oramai gli sta alle calcagne. Matteo Salvini guarda i sondaggi e un po’ di apprensione gli sale: questa volta Forza Italia rischia di superarci, si dice. E allora va letta anche in questa direzione la scelta di addossare una parte dei costi a Sicilia e Calabria per la costruzione del Ponte, più di quanto concordato nelle scorse settimane. “Un piccolo contributo richiesto a Sicilia e Calabria mi sembra banale, unirà Palermo al resto del mondo. Che ci mettano una piccola fiches è normale”, ha ripetuto ieri il ministro. Scherzando sul fatto che l’opera avrà “più successo del Milan in Champions”. Ma le sue parole non sono cadute nel vuoto. Perché a raccoglierle ci ha pensato subito il presidente della Sicilia Renato Schifani. I fondi – ha detto il governatore – “sono stati prelevati d’autorità dal governo nazionale per un importo addirittura maggiore di 300 milioni di euro. Il tema è delicato perché costituisce un precedente. Occorre sempre una concertazione tra i vari livelli dello stato, come prevede la Costituzione. Quindi mi auguro che questo fatto non si ripeta perché si aprirebbe un conflitto istituzionale che nessuno vuole”.

 

Quella di Schifani non è solo tattica. La Sicilia ha gravi problemi di bilancio, un buco di oltre un miliardo di euro e contestazioni dalla Corte dei conti. Si capisce che un contributo di 300 milioni di euro non produca salti di gioia. Per questo il presidente della regione con Salvini ha esternato tutta la propria insoddisfazione. Mettendo sul tavolo anche l’opzione nucleare: ritirare tout court la compartecipazione della regione all’opera. Salvini e Schifani tra di loro hanno sempre avuto rapporti cordiali. Anzi, il presidente della regione ha fatto affidamento sul leader del Carroccio per provare ad arginare il crescente potere dei meloniani in regione, ora che sono il gruppo più numeroso all’Ars. E’ chiaro che però, nelle intenzioni del segretario della Lega, l’aut aut posto alla Sicilia serva anche per provare a mettere all’angolo un pezzo di Forza Italia. Con cui i rapporti stanno risentendo di nuove turbolenze. Non è un caso nemmeno che Salvini abbia cercato di mettere i governatori di Sicilia e Calabria l’uno contro l’altro dicendo che “Occhiuto è d’accordo con me”.

Nel Consiglio dei ministri della scorsa settimana con l’altro vicepremier Tajani non si sono rivolti parola, raccontano. Dopo che il forzista aveva difeso la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola dagli attacchi del leghista. Un altro tema che fa disallineare il percorso dei due è il limite dei due mandati per gli amministratori locali. Salvini ha il problema Zaia, che se non potrà essere ricandidato in Veneto potrebbe porgli questioni di leadership interne alla Lega. Proprio in questi giorni la polemica s’è riaccesa perché Tajani ha detto: la legge va lasciata così com’è. Ma subito dalla Lega è partita una carrellata di interviste che sostengono l’abolizione del limite. In ultimo l’ha detto il viceministro delle Infrastrutture Edoardo Rixi facendo l’esempio di un uomo non del suo partito: il presidente della Liguria Giovanni Toti.

Proprio il Veneto, tra l’altro, è l’epicentro delle tensioni tra i due partiti. L’ex leghista Flavio Tosi guida una lenta e costante “campagna acquisti” che sta facendo confluire esponenti del Carroccio tra le file azzurre. Allargando la prospettiva, solo negli ultimi mesi sono circa una ventina gli europarlamentari, consiglieri regionali e comunali che si sono mossi sull’asse via Bellerio-San Lorenzo in Lucina. Subodorando, forse, un imponente ridimensionamento della Lega alla vigilia delle elezioni europee. Fatto sta che Salvini è convinto di andare avanti perché sa che mettere Schifani alle strette è il modo più indiretto per andare a segno con Tajani. Il presidente della Sicilia è molto vicino al ministro degli Esteri. Al punto tale che con il presidente della Calabria Roberto Occhiuto si sta giocando una partita per diventare il numero due di Forza Italia, visto il peso del partito in Sicilia, storica roccaforte. Il titolare della Farnesina per ora ha scelto di tirarsi fuori dalla querelle. Che però adesso potrebbero avere effetti su una coalizione che in Regione mostra segnali affatto rassicuranti.