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Il boom di tessere per Schlein? Non c'è traccia (e dunque neppure i dati)

Carmelo Caruso

Dopo gli annunci di "4.000 tessere in un giorno" nel Pd c'è chi teme che le iscrizioni siano sotto le 200 mila (malgrado l'aggiunta di Articolo 1). All'evento di Schlein anche Rosy Bindi e Antonio Scurati

Roma. Un partito di popolo è un partito di iscritti, ma, se il Pd non comunica il numero, viene il dubbio  che non ci sia il popolo. Quando Elly Schlein si è insediata a segretaria del Pd non si contavano gli articoli sul “boom di adesioni”. Il 7 marzo, “l’effetto Schlein”, secondo alcuni quotidiani, aveva prodotto ben 4 mila tessere in un giorno. Se si fosse verificato questo fenomeno, e non c’è motivo per non crederci, saremmo di fronte a un milione di tesserati. Perché il Pd non organizza una grande festa?


C’è qualcosa di strano in questa festa che non si celebra. Ogni partito usa i dati del tesseramento, li comunica, anche solo per favorire l’emulazione. Da mesi il Pd ha smesso di parlarne. Per la segretaria è un momento difficile. Meloni, che non vuole ratificare il Mes, le ha chiesto pubblicamente per quale ragione il suo partito, il Pd, non lo abbia mai ratificato. Giuseppe Conte, che il Mes lo ha sottoscritto e che oggi si astiene, non lo vota, è il solo che riesce a farlo dimenticare e uscirne puro come l’acqua di sorgente. La partita di Conte è un’altra. Vuole riequilibrare il peso all’interno della coalizione. Gli basta arrivare alle prossime elezioni europee due punti sotto al Pd per poter dire: “A sinistra, Pd e M5s si equivalgono”. In concomitanza con Atreju, Schlein organizza l’anti Atreju e tra gli ospiti, oltre a Letta, Gentiloni e Prodi, ci saranno Rosy Bindi e lo scrittore del bestseller “M.”, Antonio Scurati.

 

Sabato scorso, la segretaria si è invece presentata all’Eur, all’evento “Più libri più liberi” per discutere del libro della sociologa Giorgia Serughetti. A parte il grido di un adolescente loggionista, che ha salutato la segretaria con: “Viva l’Italia antifascista”, e a parte lo spirito di Marco Damilano, che ha esibito la sua carta d’identità (“Nel caso venga la Digos”) le frasi per cui Schlein si è distinta sono due. La prima: “Dobbiamo ascoltare le mobilitazioni intrecciate”. L’altra: “C’è l’insorgenza di domande di giustizia”. E’ la lingua cara a Fabrizio Barca, l’ex ministro del catoblepismo. La segretaria lo ha anche citato come suo conforto intellettuale. Tra gli ospiti, in platea, c’erano Roberto Speranza, Miguel Gotor, e la scrittrice Chiara Valerio che l’ha brevemente intervistata per il sito di Repubblica. Le ha chiesto: “Elly Schlein, ma secondo lei la cultura serve a sviluppare anticorpi, e un Dna per l’antifascismo?”. La risposta è stata: “Non per forza, dipende da quale cultura. Sicuramente leggere, leggere tanti libri  può fare sviluppare tanti anticorpi, compresi quelli antifascisti”. Che l’antifascismo si trovi nel Dna è una novità che meriterebbe il Nobel e che fa prendere qualche like ma pure le pernacchie.

 

Meglio riportare dunque un’altra frase, questa sì, politica, che la segretaria, sempre in quell’occasione, ha rivolto agli amici: “I sondaggi mi sottostimano di almeno quattro punti”. Era sabato e ancora non era andata in onda la puntata di Report sulle società di Alessandro Zan e di Michela Di Biase, moglie dell’ex ministro Franceschini, primo sponsor di Schlein. Nulla di illecito, ma solo guadagni sugli argomenti cari a Schlein come la parità di genere. Risulta chiaro a tutti che se la parità di genere diventa una fonte di reddito, il conto corrente si gonfia, ma la battaglia politica ne perde. Ecco allora perché torna utile questo numero, un dato che oggi, nel Pd, è tenuto segreto come è sempre accaduto con i vecchi notabili della sinistra. Si tratta del tesseramento. FdI lo ha comunicato. Le tessere del partito di Meloni sono state 280 mila. Una tessera del Pd costa 15 euro. Serve a finanziare le attività e si aggiunge alle donazioni del 2 per mille che i partiti ricevono. Nel 2022, sul 2 per mille, il Pd non ha avuto rivali. Ha incassato donazioni per oltre sette milioni di euro. Schlein non era ancora la segretaria. Bisogna distinguere. Le tessere non hanno nulla a che vedere con le adesioni agli appelli.

Questa estate il “firma day” del Pd, sul salario minimo, si è trasformato in una carnevalata. C’era chi si firmava “Cippa Lippa” e “Paperino”. L’organizzazione, il responsabile, Igor Taruffi, orgoglioso ha dichiarato: “Superate le 300 mila firme”. Ma le tessere? A quanto siamo arrivati? L’anno scorso sono state circa 200 mila. Nel Pd c’è chi offre adesso una versione alternativa del boom di marzo: “In quei giorni c’erano i tesserati di Articolo uno che confluivano nel Pd. Stessa cosa è accaduta nei congressi locali. Gli elenchi di Articolo uno sono stati aggiunti agli elenchi degli iscritti dem. Se ci fosse stato davvero il boom si sarebbe comunicato anche il solo dato parziale. La sensazione è che si è sotto alle 200 mila”. E’ una versione alternativa. Può essere una versione malevola, ma perché la segretaria, che ogni giorno teneva il contatore delle firme, non tiene quello dei tesserati? Nel 2014, Matteo Renzi venne contestato. Aveva un consenso pari al 40,8 per cento ma i tesserati erano scesi da 539 mila a soli 100 mila. Era un partito che cambiava natura. Era il partito liquido. Schlein per quanto sottostimata non ha il 40 per cento dei consensi, ma può comunicare il numero dei tesserati. Con quella media, 4.000 tesserati al giorno, anche solo la metà del boom sarebbe un successo: in otto mesi fa mezzo milione. Le notizie felici si comunicano, ma se non si comunicano forse non sono felici. Un partito può essere infatti pesante, come il vecchio Pci, o può essere liquido, come quello di Renzi. Quello che non può essere è il partito Cippa Lippa.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio