(foto Ansa)

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Tutte le timidezze della Cgil sull'assalto a Pro vita. E Landini preferisce attaccare il governo

Luca Roberto

Il segretario e la responsabile politiche di genere del sindacato condannano la violenza ma sorvolano sui responsabili. Cercando di capitalizzare la piazza del 25 novembre

Hanno detto di essere “contrari a ogni forma di violenza”. Che l’hanno “sempre condannata”. E che è offensivo, per usare le parole di ieri di Maurizio Landini, “rivolgersi ogni volta a noi. Noi siamo quelli che hanno sconfitto il terrorismo. Si devono sciaquare la bocca”. Ma proprio non ce l’hanno fatta a solidarizzare convintamente con l’associazione Pro Vita, la cui sede è stata assaltata dai manifestanti che hanno partecipato al corteo del 25 novembre contro la violenza sulle donne. Stiamo parlando della Cgil, il principale sindacato italiano per numero d’iscritti, che è finito, insieme a Pd e M5s, nelle mire della premier Giorgia Meloni. “Voglio interrogare tutti su una questione banale: la violenza va condannata sempre o solamente quando si rivolge a qualcuno di cui condividiamo le idee? È questa la domanda sulla quale, da parte di certa sinistra, non abbiamo mai avuto una risposta chiara. Spero stavolta arrivi, da Elly Schlein, da Giuseppe Conte, da Maurizio Landini e dalla Cgil ai quali tutti manifestammo la nostra solidarietà in occasione del vergognoso assalto alla sede del sindacato”, ha detto la capa del governo. E in effetti, il parallelismo con il precedente dell’ottobre 2021, quando No vax ed estrema destra fecero irruzione nella sede del sindacato dopo una manifestazione nel centro di Roma, non è apparso peregrino.

 

Così lunedì abbiamo cercato la responsabile politiche di genere della segreteria Landini, Lara Ghiglione. “Non so bene di cosa state parlando, magari proviamo a risentirci più tardi”, ci ha risposto Ghiglione. Che è entrata nella squadra del segretario dal maggio 2023. Già segretaria generale della Camera del Lavoro della Spezia, Ghiglione è una pedagogista esperta in criminalità organizzata e di neo fascismo. Ma soprattutto, è una storica militante femminista. La più naturale per raccordare la Cgil alle sensibilità espresse, per esempio, da “Non una di meno”. Con cui c’è un interlocuzione attiva oramai da anni. E cioè almeno dalla segreteria di Susanna Camusso, che spesso è stata tra le prime firmatarie delle mobilitazioni della rete femminista nata in argentina. Ma c’è un di più: Camusso, che ora è parlamentare del Partito democratico, in questi anni ha promosso e ha aderito allo sciopero di tutte le lavoratrici donne in occasione dell’8 marzo. “Una scelta che valuto positivamente”, come ebbe a dire in passato.

 

Si capisce allora perché adesso Ghiglione, parlando anche a nome del segretario Landini, non volendo indispettire nessuno, dica che “la Cgil, come sempre ha fatto e sempre farà, condanna ogni forma di violenza. Parla per noi la nostra storia e la nostra pratica”. Eppure subito dopo si trovi ad aggiungere: “Troviamo sorprendente che la Presidente del Consiglio possa metterlo in discussione”. Come pure si prodighi a specificare che: “Fatta questa doverosa premessa, siamo noi a chiederle come intende rispondere alla grande manifestazione di sabato, che parla a tutti chiedendo di cambiare la cultura di questo paese che marginalizza le donne, le considera una proprietà e le espone alla violenza. La risposta repressiva messa in campo dal Governo non è sufficiente”. In sostanza, omettendo persino il nome dell’associazione Pro Vita, evitando di esaminare la dinamica dell’attacco e rifiutando qualsiasi solidarietà. Nell’ottobre 2021 davanti alla sede della Cgil fece capolino anche il presidente del Consiglio Mario Draghi. Qualora ci fosse una manifestazione di vicinanza, gli esponenti del sindacato faranno lo stesso? Non è dato a sapersi e nella comunicazione ufficiale non se ne fa menzione.

 

Fatto sta che nella scelta di Landini & Co. di sorvolare sui contorni dell’accaduto c’è anche una precisa strategia di consenso: perché la Cgil, ben più del Pd, punta, anche in ragione della contiguità dimostrata in questi anni, a raccogliere i riflessi dell’oltre mezzo milione di persone sceso in piazza a Roma. A maggior ragione se, com’è evidente, lo stesso segretario generale si candida al ruolo di vero leader dell’opposizione. Eppure c’è chi fa notare come dietro questa condanna molto fredda ci sia dell’altro. “Li abbiamo visti tutti gli insulti e le minacce nei confronti delle nostre sedi da parte dei manifestanti della Cgil il giorno dello sciopero generale. Non c’è affatto da stupirsi”, dicono al Foglio fonti della Cisl.

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