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Il colloquio

Alemanno, Rizzo, Di Battista: movimenti figli di "incultura politica". Parla Pasquino

Nicolò Zambelli

Nascono "Indipendenza" e "Schierarsi", partiti e associazioni antisistema "in sostegno del popolo palestinese". Il peso elettorale di questi movimenti? "Tutto dipende dalla loro offerta politica e francamente non mi sembra un granché", dice al Foglio il professore

Dopo quasi due mesi dagli attacchi terroristici del 7 ottobre ecco che sotto al grido di "Free Palestine" sono nati in Italia i primi movimenti, pseudo partiti, "in difesa del popolo palestinese". Eterni ritorni, piccoli, limitati, riciclati, ma che potenzialmente possono attrarre i voti di chi – ad esempio – durante la manifestazione contro la violenza sulle donne del 25 novembre, senza nessuna attinenza con la mobilitazione, ha sollevato uno striscione con scritto "Palestina libera". Frange di elettori che seppur modeste possono creare scompiglio, in un sistema politico che nel contesto attuale ha scelto con chiarezza da che parte stare.

Domenica l’ex sindaco di destra di Roma Gianni Alemanno e l’ex comunista Marco Rizzo hanno presentato il loro partito-connubio, Indipendenza, nato dall’avvicinamento di due estremi secondo la teoria del ferro di cavallo. Lunedì, Alessandro Di Battista ha invece lanciato la sua associazione, Schierarsi, di cui è vicepresidente, che si schiera, appunto, affianco del popolo palestinese (ma che soprattutto, tra le altre cose, accusa Israele di "terrorismo di stato"). Il successo che avranno questi due nuovi caotici soggetti è presto per saperlo, ma la popolarità dei due personaggi porta a riflettere. "Tutto dipende dall’offerta politica che si propone" dice al Foglio Gianfranco Pasquino, professore emerito di scienza politica all’Università di Bologna: "Francamente conoscendo sia Alemanno che Rizzo direi che non è un granché come offerta. Ma anche Di Battista non mi pare un teorico della politica o della democrazia, almeno allo stato attuale". 

Sorge una domanda: e se i partiti che una volta erano più radicali, e che oggi per ragioni di governo si sono più "ammorbiditi", avessero lasciato uno spazio politico da occupare? "Basta che ci sia un organizzatore politico capace e lo spazio si crea" afferma il professore. Uno spazio che secondo lui, allo stato attuale delle cose, è "limitatissimo" per due movimenti chiaramente antisistema come Indipendenza e Schierarsi: "Io sono molto favorevole al pluralismo – continua – è la caratteristica dominante dei sistemi politici democratici: più offerta c’è, meglio è. Non so però qual è l’offerta, la vorrei vedere".

Il nuovo conflitto internazionale sembra essere stato terreno fertile per la nascita di movimenti che si pongono "contro", a partire dal posizionamento geopolitoco dell'Italia fino a tanti altri temi, come l'uscita dall'Europa e l'autedeterminazione dei popoli. La scala di valori e idee sommariamente si rifà al Movimento 5 stelle della prima ora: "Per quanto riguarda l'associazione di Di Battista, ci troviamo di fronte a un soggetto nato da una negazione", dice Pasquino. "L’associazione nasce contro gli ebrei, contro lo stato di Israele: ma non si possono costruire delle culture politiche in negativo, bisogna, di nuovo, avere un’offerta. Di Battista sta con la Palestina, ma per cosa? Per 'democratizzare' il mondo arabo? Questa potrebbe essere una giustificazione ma non mi pare sia il suo obiettivo. Qui siamo di fronte a un progetto: l’obiettivo è stare con la Palestina per distruggere lo stato ebraico? Francamente mi pare un obiettivo da incultura politica". 

È quindi tutta una questione di cultura, anche in questo caso. Politica, si intende. "I partiti italiani attualmente esistenti, compreso Fratelli d’Italia, non hanno più cultura politica al loro interno. Anche se forse l’unico a racchiudere qualche brandello della cultura politica della destra nazionalista e a volte reazionaria è proprio FdI". Per il resto, secondo il professore, i partiti di oggi non riescono a creare una cultura politica sufficientemente forte per l’altezza della sfida. Sfida, che prima di tutto "si chiama Europa e poi si chiama anche 'convivenza civile'", afferma il professore, che non vuole parlare di "pace". La difficoltà politica si manifesta nel tentativo di creare istituzioni capaci di garantire che i conflitti non si traducano in scontri armati: "Non vedo questo tentativo nemmeno da parte dei pacifisti italiani", continua, compreso nel caso di "Indipendenza" e di "Schierarsi".

La pace resta comunque un tema divisivo e divisorio. E soprattutto apprezzato da certi elettori che sommariamente possono racchiudersi dentro al bacino elettorale dell'opposizione. "La posizione ambigua di Giuseppe Conte sulla pace – continua il professore – serve anche a evitare che ci siano dei flussi di voti che si spostano. Così come anche in alcune frange dell’elettorato di Elly Schlein, seppur più inconsapevolmente, il pacifismo resta presente, anche se più tra i cittadini che tra i parlamentari". Per questo motivo "si potrebbe aprire uno spazietto" per i nuovi movimenti, dice Pasquino. "Ma immagino – scherza – che un elettore di destra quando guarda Rizzo sia sconvolto e che un elettore comunista quando vede Alemanno sappia benissimo che quello è un fascista, punto e basta". Un vuoto a perdere, dunque: "Lo vedo come un 'riciclo', ma in questo caso preferirei non riciclare nessuno dei due personaggi". 

Un distinguo si può fare per Di Battista, che fino al 2019 è comunque rimasto al centro della scena politica e che anche dopo il suo ritiro non si è mai defilato (è ospite fisso il martedì nel programma di Giovanni Floris, ad esempio). E ci si chiede se un eventuale ritorno – al netto del fatto che abbia chiarito che "non vuole entrare in politica" (vedremo) – potrebbe creare problemi al M5S. "Francamente no" dice Pasquino: "Di Battista non produce certamente idee". Per ora nei suoi circoli, come quello di martedì nella sua Napoli, ha raccolto 100-200 persone. "Resta da vedere se è capace di creare consenso nelle altre zone del paese: secondo me si illude", continua Pasquino. "Penso alla presentazione del libro del generale Vannacci: tanto clamore per nulla. Dopodiché interrogarsi su questo va bene, fa parte della conversazione democratica di un paese. Però ecco, l’effettivo spazio che gli sarà dedicato mi sembra essere molto limitato".