Foto LaPresse

Lo sciopero e le leadership

Landini&Salvini, i gemelli diversi che rubano la scena a Schlein e Meloni

Marianna Rizzini

Si sente quasi solo la loro voce: il leader della Lega si rivolge esclusivamente al segretario della Cgil, eleggendolo a nemico, e viceversa

Uno dice una volta di più “no” alla manovra, l’altro rinnova la fede per “l’Italia dei sì” in quel di Bari, dove si recherà oggi stesso. E insomma, il giorno di vigilia dello sciopero proclamato da Cgil e Uil per stamattina, dalle 9 alle 13, con orario ridotto causa precettazione, ha visto Maurizio Landini e Matteo Salvini nella posa abituale dei contendenti: uno che alza il tono, l’altro pure; uno che sottolinea “il grave atto” del ministro dei Trasporti, con “attacco al diritto di sciopero”, l’altro che dice che “il diritto è garantito, ma lo sciopero di un’estrema minoranza non può ledere il diritto alla mobilità”. Uno è segretario del principale sindacato, la Cgil, ma non del Pd, principale partito d’opposizione. L’altro è ministro e vicepremier del governo di centrodestra, ma non presidente del Consiglio. E però, in questi giorni, si sente quasi solo la loro voce: Salvini si rivolge esclusivamente a Landini, eleggendolo a nemico, Landini risponde proprio a lui, accettando la designazione e viceversa.

Le titolari dei campi avversi, Elly Schlein, leader del Pd, e Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, sono lì, sulla scena, ma le loro parole vengono coperte da quelle dei gemelli diversi della piazza Salvini&Landini, non a caso assurti al vertice governativo e sindacale nello stesso biennio del boom populista 2018-2019, quando Salvini diventa ministro dell’Interno e vicepremier del primo governo Conte, e Landini, anche corteggiato come possibile papa straniero a sinistra, popolare in tv, viene eletto segretario generale della Cgil, incarico per cui è stato riconfermato nel marzo scorso, sullo sfondo del governo Meloni, e con Salvini ministro dei Trasporti e di nuovo vicepremier. Paralleli i percorsi, ma anche convergenti gli interessi: il leghista Salvini precetta, si prende la scena, raccoglie gli applausi dei fedelissimi e i forse pochi (e comunque utili) consensi di chi magari non ha votato Lega ma si ricorderà di chi quel giorno non lo ha fatto tornare al lavoro a piedi, mentre il partito della premier, Fratelli d’Italia, parla di premierato chiamando Elly Schlein alla battaglia.

Landini, intanto, a pochi giorni dalla piazza piena della segretaria Pd, promette manifestazioni stracolme e minaccia di fare ricorso contro la precettazione, raccogliendo sottotraccia i favori non soltanto dei lavoratori da lui rappresentati, ma di una vasta area di sinistra anche intellettuale che a lui guardava e guarda in caso di fallimento di Elly Schlein. Ma lui, il segretario generale Cgil, non pare avere intenzione, al momento, di farsi incastrare dal meccanismo partitico, e come Salvini, seppure da un’associazione, fa politica senza troppo ossequiare le regole della politica. E c’è chi ricorda, all’interno della Cgil, la “perentorietà della lettera di Landini a Meloni”, qualche mese fa. Della serie: incontriamoci, decido io chi e che cosa si dirà, alla stregua di un capo di partito che parla con il capo di governo dal Parlamento. “Ma non si è più negli anni Novanta”, notano nel sindacato quelli che c’erano ai tempi del governo Ciampi, con la Cgil e Confindustria in primo piano come attori, dopo l’implosione dei partiti via Tangentopoli. Siamo però reduci dagli anni della crescita populista in cui Landini era visto come unico interlocutore credibile per i lavoratori, se non si voleva essere travolti dal M5s. Come c’è chi ricorda l’incessante movimento – internettiano e non – del vicepremier Salvini sul campo non istituzionale del centrodestra, prima e dopo il Papeete. “Landini ricordi che anche Lula, quando ha voluto far politica, ha dovuto fondare un partito”, dicono oggi dalla minoranza sindacale. “Salvini è più polemico con me che con gli avversari”, diceva Giorgia Meloni alla vigilia del voto che l’ha incoronata premier. Oggi Salvini punta dritto a Landini, l’avversario che, a sinistra, ha uguali e contrarie modalità.

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.