La decisione

“Delibera del Garante corretta, è pericoloso delegittimarlo”, dice l'ex membro (di sinistra) Carrieri

Luciano Capone

Secondo il sociologo del Lavoro non c'è stata nessuna parzialità nella votazione della Commissione. Il monito sui rischi di politicizzare gli scioperi: "La sinistra rischia di cadere nella trappola di Salvini"

“La decisione è tecnicamente fondata sulla base dei precedenti della Commissione” dice al Foglio Mimmo Carrieri,  a proposito del provvedimento con cui il Garante ha definito che quello proclamato da Cgil e Uil per venerdì non può essere considerato uno sciopero generale. Carrieri, sociologo del Lavoro che ha insegnato a lungo alla Sapienza e ora alla Luiss, è stato un membro della precedente Commissione di Garanzia sugli scioperi. Dicono che questa Commissione ha colpito i sindacati perché i componenti sono di destra.  “Guardi, può darsi che ci sia un tema di pluralismo. Ma io ero stato nominato nel 2016 dal centrosinistra, con la stessa logica, eppure non sono stato di parte”

Hanno fatto le analisi del sangue ai commissari. Su cinque componenti uno aveva collaborato con Giorgia Meloni durante il governo Berlusconi, un altro con l’allora ministro Sacconi ed è addirittura socio dell’associazione “Amici di Marco Biagi”. È colpa grave? “Ripeto, la decisione è fondata sulla base dei precedenti della Commissione, come ha spiegato l’attuale presidente che è una giurista del lavoro – dice Carrieri –. I funzionari della Commissione, che non sono stati nominati da questa maggioranza, condividono la base tecnica della decisione. C’è una delibera fatta dalla Commissione nel 2003 che definisce quali sono le caratteristiche degli scioperi che possono essere definiti come generali”.

Fatta la premessa sulla correttezza della decisione, si entra poi nel terreno politico. “Certo – dice il professore – quando c’è un ministro, come Salvini, che dice ai sindacati se e come debbano scioperare, allora si possono fare altre considerazioni. Ad esempio, si può valutare che Cgil e Uil sono sindacati rappresentativi, il primo e il terzo del paese, che dichiarano lo sciopero come generale”. Però, se guardiamo i tempi, il Garante ha emanato la delibera l’8 novembre chiedendo una rimodulazione dello sciopero, solo dopo il ministro Salvini si è fiondato sulla vicenda politicizzando la questione. Cosa avrebbe dovuto fare la Commissione, rimangiarsi la delibera per via delle dichiarazioni di Salvini? Non sarebbe stata quella una decisione politica? “L’osservazione è corretta. La Commissione aveva giustamente lanciato una sorta di warning e assunto una delibera corretta. Non so come è poi andata l’audizione con i due sindacati... dico solo che magari, tenuto conto degli attori e di qualche modifica, si poteva nonostante tutto considerare gli scioperi come generali. Ma la mia è una valutazione, se vuole, più di sensibilità politica o comunque di opportunità che non mette in discussione le decisioni prese e agli argomenti utilizzati dagli attuali componenti”.
Da uomo di sinistra, che ha lavorato in quella Commissione, cosa ne pensa della reazione dell’opposizione che attacca l’Authority dicendo che è politicizzata e asservita al governo? “Il rischio è di una forte delegittimazione. La Commissione è sempre stata attenta ed equilibrata nel sentire e valutare le esigenze di tutti. Nella sua storia, dal 1990, non è mai stata considerata come una sorta di ostaggio politico. Mi dispiace per quello che viene detto e sono preoccupato soprattutto per le conseguenze, perché è uno strumento di competenza ed equilibrio che deve essere preservato”.

L’accusa, da sinistra, è che il Garante sugli scioperi in realtà abbia messo sotto attacco il diritto allo sciopero. “La Commissione di garanzia svolge, sulla base della legge, una una funzione preziosa di contemperamento dei diritti allo sciopero dei lavoratori e dei diritti alla mobilità e ai servizi pubblici dei cittadini. Delegittimare questo organismo è rischioso, perché trovare un equilibrio tra i diritti è una costruzione difficile da mettere in campo”. Insomma, è come se la sinistra cada nella trappola, ovvero nello schema di Matteo Salvini, che politicizza e polarizza una questione arrivando a delegittimare un’istituzione che, tutto sommato, non si è inventata nulla di strano. “Si replica e alimenta questa sorta di bipolarismo tra Salvini e Landini, che ne beneficiano in termini di spettacolarizzazione e attenzione sociale. Ma ciò che mi colpisce è che nessuno dice che non sia all’altezza, ma che è di destra. Ma anche io sono di sinistra, eppure nell’esercitare quella funzione mi sono spogliato per quanto possibile di queste convinzioni”.


In generale, vede che nel tempo in Italia c’è stato un eccessivo ricorso agli scioperi? “Il tema riguarda soprattutto alcuni settori, come il trasporto locale. La Commissione ha svolto negli anni una funzione molto utile per contenere il conflitto tra il diritto allo sciopero e quello alla mobilità, ma allo stesso tempo non ha potuto impedire la proliferazione degli scioperi, che non vuol dire partecipazione e neppure successo”. C’è stata un’inflazione degli scioperi? “Io sono sensibile alla funzione dei sindacati – conclude Mimmo Carrieri – ma questo eccesso inflattivo degli scioperi non è nel loro interesse. Non è il caso dei sindacati confederali, il problema prescinde da loro, riguarda le sigle più piccole, ma è un problema che riguarda tutti”
 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali