Capolinea Rai

Meloni può spiazzare tutti e nominare adesso Rossi nuovo ad Rai. A Salvini le Ferrovie

Carmelo Caruso

Per invertire il racconto fatto di flop, scioperi, catastrofe industriale di Viale Mazzini, la premier potrebbe anticipare la staffetta, con il lasciapassare della Lega

La Rai è arrivata al capolinea: a giugno scade il cda. Giorgia Meloni sarà chiamata, ancora, a scegliere. La novità è che potrebbe anticipare la sua scelta. Può infatti nominare il nuovo ad subito. Oltre alla Rai scadono i vertici di Ferrovie e quelli di Cdp. Sono tre grandi nomine collegate. Le Ferrovie sono da sempre la mela proibita di Matteo Salvini. La Rai è invece la vecchia porcellana che Meloni tira fuori quando le serve. Quando le serve la premier non esita a farsi sentire. Chiama i vertici della tv di stato per tutelare Pino Insegno, per trovargli uno sgabello, così come tutela Nunzia De Girolamo. Anche l’ultima puntata del suo Avanti Popolo ha totalizzato il due per cento di share. Tutto le è perdonato, tanto, De Girolamo, ed è quanto si ripete in Rai, “è voluta da Meloni”.

 

Il rapporto di Meloni con la Rai è di dissimulazione. Lascia passare l’idea che della Rai non gliene importi nulla, anzi, vuole dare quasi l’impressione di pensarla come Salvini, ovvero che la Rai sia un ferrovecchio. Peccato che ogni sera, Meloni guarda il Tg1 del suo Chiocci, il direttore-sottosegretario ai Rapporti con Chigi (ieri ragionava con l’editore di Giornale e Libero, Angelucci, al Bar Ciampini) e si piace. Meloni, per invertire il racconto Rai, un racconto di flop, scioperi, catastrofe industriale, potrebbe accelerare la staffetta Sergio-Rossi. È una delle possibilità. È un’operazione che coinvolge Salvini: anticipare l’avvicendamento tra l’ad Sergio e il dg Rossi, con il lasciapassare della Lega. Salvini potrebbe ottenere in cambio Ferrovie. Il cda Rai è ormai una fotografia che non rappresenta più l’attuale Parlamento, l’editore della Rai. Siedono in cda Di Majo, per il M5s, Simona Agnes per FI, Francesca Bria per il Pd e Igor De Biasio per la Lega. I dipendenti Rai si apprestano a votare il sostituto di Riccardo Laganà, scomparso prematuramente. La Rai potrebbe salire sull’alta velocità Meloni.

    
Infastidita dai quotidiani articoli contro la tv di stato, tv guidata dalla coppia Sergio-Rossi, due che fanno promesse, almeno in pubblico, di amicizia sincera, Meloni riflette se cambiare binario alla Rai. È già accaduto pochi mesi fa. È stata la premier, insieme al ministro della Cultura, Sangiuliano, il ministro tolkienizzato (ha inaugurato ieri la mostra su Tolkien, la mostra che Meloni ha preteso come si pretende in estate un gelato) a gestire l’uscita dell’ex ad Rai, Carlo Fuortes. Giuridicamente è stato un disastro. Una volta lasciata la Rai, la nomina di Fuortes, al Teatro San Carlo di Napoli, è stata impugnata dal vecchio soprintendente. A dirimere la questione sarà la Consulta.

 

Non si può dire tuttavia che, almeno in Rai, il risultato non sia stato ottenuto. Sergio, come concordato con Rossi, è stato indicato dal Mef, nuovo ad. Da ad, Sergio ha nominato Rossi suo direttore generale. A Napoli, durante la presentazione dei palinsesti Rai, quando il Foglio ha chiesto a Sergio: “Ma lei sta riscaldando la sedia per il suo amico Rossi?”, Sergio ha risposto: “Non riscaldo la sedia di nessuno. Sono un uomo Rai”. Sergio si sta distinguendo per garbo, astuzia. In futuro avrà solo da scegliere e questo governo non potrà che dargli. In Rai sin dall’inizio si era ragionato sullo scambio di poltrone. Rossi ad e Sergio dg. Il Foglio ha raccontato che pure Chiocci, il sottosegretario per i rapporti Rai con Chigi, è un nome possibile. Quest’ultima possibilità scatenerebbe di fatto un conflitto in FdI. E’ come se a Fazzolari, Meloni togliesse la delega strategica e ad Arianna Meloni il controllo del partito.

 

Per queste ragioni Meloni potrebbe fare Meloni. Il treno Rai è ormai partito. Rossi è per tutti l’uomo di Meloni in Rai. Le mezze cose non funzionano. L’ad viene lodato, il dg bastonato. Il dg è il quasi Papa e l’ad è Papa emerito ma ancora Papa. Non è da Meloni. Negli ultimi mesi si è aggiunto pure Salvini. Lavora ai fianchi della Rai anche perché insieme a Giorgetti tiene la cassa della Rai. E’ il Mef l’azionista della tv di stato. Il taglio del canone è stato rivendicato da Salvini ma ha complicato la gestione della Rai a Rossi. E’ già stato concordato un pacchetto di scioperi. I dipendenti sono scettici sul loro futuro. Salvini che è ministro dei Trasporti non ha mai nascosto quale sia il suo vero obiettivo. Vuole alla guida di Ferrovie Roberto Tomasi, ad di Autostrade e Autostrade è la società che presto potrebbe finire sul mercato. Fa parte del dossier privatizzazioni su cui lavora Giorgetti. Dato che l’Italia ha lo strumento del golden power (e può impedire dunque gli asset strategici, vengano aggrediti) non c’è più ragione per non diluire le partecipazioni. La Lega non avrebbe motivo di ostacolare Meloni. In Rai Meloni può chiedere a Sergio di anticipare il passaggio e Sergio ricevere un traveler’s cheque, un assegno. Significa che può ambire a presidenze di altre partecipate, ad altri incarichi anche in ambito culturale.

 

L’anno prossimo si conclude il mandato di Dario Scannapieco, ad di Cassa Depositi e prestiti. Non è amato dal governo Meloni. Cdp negli ultimi giorni ha acquistato pagine di pubblicità sui giornali per pubblicizzare i suoi bond. Ma anche il Tesoro da mesi è impegnato a vendere i suoi Btp. Qualcuno al Mef è rimasto perplesso. Diciamo, perplesso. Al posto di Scannapieco si fa il nome di Antonino Turicchi, che deve gestire la cessione di Ita. Dipende molto da come si conclude. C’è poi il ruolo di presidente Cdp, ruolo occupato oggi da Giovanni Gorno Tempini. Da statuto a fare il nome del presidente Cdp è l’omologo di Acri, Associazioni di Fondazioni e Casse di Risparmio. E’ Francesco Profumo. Prima della sua uscita da Acri era Giuseppe Guzzetti, ex presidente per quasi vent’anni, a decidere la partita.

   

Sono tre stazioni collegate: Rai-Ferrovie-Cdp. Meloni potrebbe fischiare la partenza prima del previsto. In prima classe viaggerebbe Sergio, a capotreno Rossi. La Rai non è solo la Rai dei 13 mila dipendenti. Intorno alla Rai c’è il comparto dell’audiovisivo. Lasciarla spirare rischia di provocare lo sciopero generale e prendersi ancora gli schiaffoni, senza metterci, per intero, la faccia, non è da Meloni ma solo da scemi.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio