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Viale Mazzini

"Privatizzare la Rai? Non capisco cosa si intenda. Surreale il dibattito sugli ascolti", dice il dg Rossi

La tv pubblica è "garanzia di pluralismo. Non si può ragionare di share senza parlare del cambio di modello nella fruizione e nella produzione". L'ad Sergio? "A lui mi lega un’amicizia personale e una straordinaria collaborazione". E sul taglio del canone: "Il Governo chiede sacrifici in una fase difficile" 

Privatizzare la Rai? "Non ha senso", dice Giampaolo Rossi. Il direttore generale della tv pubblica è intervenuto oggi al forum della Fondazione Iniziativa Europa a Stresa, intervistato dal vicedirettore del Foglio, Salvatore Merlo. “Non capisco bene cosa si intenda per privatizzare la Rai. In tutta Europa i servizi pubblici nascono come valore del sistema democratico in quanto garanti di un racconto plurale della nazione e a difesa dell’industria culturale". E Viale Mazzini non fa differenza, è il ragionamento del dg che arriva dalla destra di Colle Oppio. "Nessuno si sognerebbe in Francia e nemmeno nella liberale Gran Bretagna di privatizzare la Bbc", aggiunge Rossi, secondo cui "la Rai è il valore centrale e il perno di intere filiere industriali, a partire dall’audiovisivo, che servono a costruire il senso e l’immaginario della nostra nazione”.

Sarà anche per questo che, dal suo punto di vista, "sugli ascolti Rai è in corso sui giornali un dibattito surreale. Che alcuni programmi hanno difficoltà è un dato di fatto - ammette - ma l'analisi complessiva sugli ascolti della Rai e di Mediaset deve tenere conto di un cambiamento del modello televisivo". Insomma: "Non si può ragionare di ascolti senza parlare del cambio di modello nella fruizione e nella produzione", continua Rossi.

Poi sottolinea che insieme all' ad Roberto Sergio "siamo entrati in carica operativamente a giugno, in una Rai che stava accumulando una serie di ritardi, a partire dal fatto che non erano pronti neppure i palinsesti che sarebbero dovuti partire a settembre".  "Con un grande sforzo produttivo e organizzativo - ha detto ancora Rossi - l’azienda è riuscita a mettere in piedi i palinsesti. Palinsesti che modificano alcuni aspetti editoriali, con programmi nuovi, perché ci sono state diverse uscite dalla programmazione Rai". E i nuovi format, in una tv basata "sull'abitudine hanno bisogno di tempo per poter maturare", è la difesa del dirigente. "Alcuni successi storici della Rai hanno richiesto anni per affermarsi e diventare programmi cult". 

A proposito del suo rapporto con Sergio. "Ci conosciamo da tantissimi anni", ha detto Rossi. "Faccio presente che l’ad della Rai è nominato dal Mef e il direttore generale è nominato dall’ad, quindi io sono stato nominato da Roberto Sergio. A lui mi lega un’amicizia personale e una straordinaria collaborazione", spiega il direttore generale, negando dunque ogni competizione e attrito con l’amministratore delegato, il cui mandato scade a giugno. Rossi è considerato il favorito a prenderne il posto. 
 

 

Quanto al taglio del canone Rai, infine: "Credo sia una fase storica molto difficile dal punto di vista economico, c'è un governo che sta chiedendo sacrifici per affrontare questa fase e questa è un’operazione finalizzata a dare un contributo", dice Rossi. "Il governo non ha deciso di eliminare il canone, ha deciso di abbassare il canone da 90 a 70 euro, integrando la parte che viene sottratta attraverso la fiscalità generale". Quello che serve, secondo il dg è "un ragionamento complessivo che va fatto sul tema del finanziamento pubblico. Noi viviamo in una fase storica in cui i mercati televisivi sono aggrediti da player internazionali che entrano in questi mercati e disintermediano i mercati stessi". 



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