Enrico Carraro - foto Ansa

Olimpiadi 2026

"Questo pasticcio olimpico è uno sfregio al Veneto". Da Confindustria parla Enrico Carraro

Francesco Gottardi

Milano pigliatutto, il pasticcio della pista da bob imbarazza il paese e alle Dolomiti restano le briciole: "Qualcuno dovrà rispondere di quel che sta succedendo", dice il presidente degli industriali veneti

Le Olimpiadi mutilate. “Di più: una presa in giro nei confronti di Cortina e di tutto il Veneto”. Fa specie sentire parlare così Enrico Carraro, il presidente regionale di Confindustria. Ma all’ultima assemblea imprenditoriale di Belluno sono emersi toni pesanti. “E sono molto arrabbiato anch’io. Ne va dell’indotto e delle infrastrutture del territorio: qualcuno dovrà rispondere di quel che sta succedendo”. In soldoni: Milano pigliatutto, il pasticciaccio della pista da bob imbarazza il paese e alla Perla delle Dolomiti restano solo le briciole. “Senza di noi il Cio non avrebbe mai assegnato i Giochi invernali del 2026 all’Italia. Troppo comodo, adesso, sfruttarci a fini di marketing mentre le gare si svolgeranno altrove”.

Non è una provocazione. A oggi, la Lombardia ne ospiterà 65 per 195 medaglie: Cortina soltanto 8 per 24. La surclassa perfino il Trentino-Alto Adige, esterno al progetto di candidatura congiunta, ma che pure sarà teatro di 31 corse all’oro. “Ci vuole equità”, dice Carraro al Foglio. “La pista da bob aveva un problema di costo, ma non significativo rispetto al budget totale di 1,5 miliardi di euro. Nel bilancio olimpico, tra spese e ricavi, ci sono attività onerose e altre meno: bisogna valutare il pacchetto completo”. Fatto sta che il nodo non si scioglie. Anche ieri, il ministro per lo Sport Andrea Abodi ha ammesso che “l’iter istruttorio per un’alternativa a Cortina è ancora in corso di svolgimento. Ma la priorità resta una soluzione italiana”. In barba alle Dolomiti. “Ogni tanto a Roma si dimenticano del Veneto e degli impegni presi. La macchina si è inceppata: se un bando finisce nel deserto vuol dire che era fuori mercato e fuori tempo”.

L’allusione è alla Simico, la Società infrastrutture Milano-Cortina affidataria dei relativi appalti. E cioè una partecipata del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. “La scelta finale del no a Cortina è governativa”, continua Carraro, “ma anche il processo intermedio risale a quegli ambienti. Ci sono responsabilità che vanno accertate: a tal proposito è stata aperta un’indagine dalla Corte dei conti. E Zaia ha già fatto capire che tutto è imputabile alla capitale”. Chissà come se la passa il doge, che tanto si era speso in prima persona per portare i giochi olimpici nella sua terra. “Glielo dico io: è incazzato nero. Ci ha provato fino all’ultimo, ma non ha trovato sponde. Prevalgono dinamiche nazionali superiori. E nemmeno il fattore Lega ha aiutato”.

A Milano, Attilio Fontana gongola. E Carlo Bonomi, il numero uno di Confindustria, pure lombardo? “È super partes per definizione. Però riconosce il blackout ai nostri danni: una cosa simile non ci va giù. Tanto più che la riqualificazione della pista di Torino non è gratis e di nuovo la stanno tirando in lungo: tra poco arriveranno a mancare i tempi tecnici anche lì. Gli impianti di Cesano sono da rifare, St. Moritz e Innsbruck sarebbero pure difficilmente omologabili. Dunque una domanda, oltre le istanze del Veneto: è ammissibile che gli scogli burocratici continuino a fermare il paese dinanzi ai grandi eventi?”. Carraro cerca risposte. “Ma anche garanzie: non ci devono essere ripercussioni sulle opere di viabilità previste nel Bellunese a supporto delle Olimpiadi. Sarebbe un ulteriore sfregio ad aziende e comunità”. Cortina ha già sopportato abbastanza. “Si trovi un accordo per un’equa ripartizione delle medaglie: c’è in ballo la sua dignità di città olimpica. E limitarci a fare i prestanome, anche no”.