Editoriali

Il socialismo culinario di Urso

Redazione

Prezzi ridotti nei ristoranti per le famiglie numerose. L’ultima perla di Adolfo Urss

Martedì prossimo alle ore 9 presso la biblioteca del Ministero delle imprese e del made in Italy il ministro Adolfo Urso ha invitato i massimi vertici di tutte le organizzazioni che in un modo o nell’altro hanno a che fare con il cibo cucinato, confezionato e servito. In ordine di convocazione: la Federazione italiana pubblici esercizi, l’Associazione imprese della grande ristorazione, la Federazione esercenti pubblici e turistici della Confesercenti, la Confederazione nazionale dell’artigianato, la Confartigianato e Slow Food. Davvero tutti. All’ordine del giorno: “Una possibile iniziativa rivolta al settore della ristorazione”, il cui obiettivo è “valorizzare il settore, straordinario veicolo di conoscenza e promozione del Made in Italy favorendo i consumi delle famiglie specialmente le più numerose che, hanno dovuto rivedere le proprie abitudini, per rendere possibile la fruizione dei ristoranti, luoghi emblemi del buon vivere all’italiana”. Dunque, non si presentino ristoratori cinesi, indiani, messicani, spagnoli, Texmex, argentini, brasiliani, tedeschi, tirolesi e, men che meno, francesi. Tutti luoghi dove il modello italiano è per sua natura escluso.

Ma bando alla triviale ironia. Cosa c’è di più bello di un simposio o convivio che dir si voglia. Nel mondo greco-romano era il luogo in cui, grazie al vino, si poteva dire la verità su tutto, sull’amore anche quello androgino come nel dialogo di Platone. È a questa nobile tradizione che si ricollega senza dubbio “il buon vivere all’italiana”. Scendendo dall’Olimpo sulla nostra terra potremmo dire che un sostegno pubblico ai ristoratori perché facciano sconti alle famiglie numerose s’inscrive nella categoria dell’assistenza allargando il concetto di bisognosi. Tutti i contribuenti, o meglio quelli che pagano le tasse, danno un loro aiuto a chi non ha. Socialismo culinario o conservatorismo compassionevole che dir si voglia, sorge un dubbio di fondo: il ristorante è un piacere se è buono e non caro, se vissuto con amici simpatici e familiari non brontoloni, ma adesso diventa anche un diritto.

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