Il racconto

Al Ghetto di Roma, 80 anni dopo. Dove il mantra è: "Oggi più che mai dobbiamo esserci"

Luca Roberto

Nel quartiere ebraico di Roma si ricordano le deportazioni del 16 ottobre 1943. "Gli attacchi di Hamas della scorsa settimana ci dicono che l'inferno è ancora tra noi". Il presidente Mattarella accolto dagli applausi: "Troppo importante la sua presenza"

Davanti all’Hebrew letter art gallery hanno lasciato le fotografie dei catturati da Hamas. Ariel, 4 anni. Morano Stella, 40 anni, Kfir, 9 mesi. Stanno lì appese, quasi a far da monito verso i turisti (e non solo) che si avventurano in questo pezzetto di Roma che è il quartiere ebraico. Oggi, alla commemorazione per gli 80 anni dal rastrellamento del Ghetto, via del Portico di Ottavia nel primo pomeriggio offriva una sensazione di calma e quiete che poco aveva da spartire con il dramma che sta vivendo la comunità ebraica, “ferita nuovamente dall’odio antisemita”, dirà la premier Giorgia Meloni ospitando a Palazzo Chigi il presidente della comunità ebraica di Roma Victor Fadlun. “Oggi più che mai, a seguito del terribile attacco di Hamas, ribadiamo la nostra solidarietà all’intero popolo di Israele”. E in effetti è questa la frase che più spesso si udirà per questi vicoli. “Noi restiamo aperti, i ristoranti vicino al portico chiuderanno tra poco. Ma credo stia bene anche a loro. C’è il presidente Mattarella, oggi è ancora più importante la sua presenza”, dice il cameriere del bistrot Pollaria, dove contrastano la solennità della giornata servendo i turisti: “2 carciofi alla giudia al tavolo quattro”.

Poco più in là, alle cinque del pomeriggio, il primo ad arrivare è Gianfranco Fini. Passo spedito, si intrattiene con alcune personalità della comunità ebraica. Sembra dire: è troppo importante esserci. Fende una strada che al battere delle prime gocce di pioggia risponde alternando locali che vendono pizza kosher e ostentano slogan quali “la vita è troppo corta per sbagliare carciofo” stampati all’ingresso. Non c’è questa grossa apprensione sicurezza, sebbene con il passare dei minuti il quartiere venga pressoché diviso in due aree. Prima e dopo il portico. Dopo c’è il Museo ebraico di Roma, ospita la mostra “Inferno nazista”. Perfetta per descrivere le efferatezze di Hamas. “Oggi abbiamo staccato 146 biglietti tra turisti e scuole. Ma adesso abbiamo dovuto farli andar via. Devono bonificare l’area” racconta il custode. Poco vicino hanno montato il palco dove siederà anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, applaudito da tutti, arrivato dopo aver deposto una corona davanti alla Sinagoga della capitale.

Alle 18 in piazza del Campidoglio centinaia, forse migliaia di persone si sono radunate per la marcia. Ragazzi reggono cartelli con il nome dei campi di sterminio: Treblinka, Sobiror, Gross-Rosen, Mathausen, Buchenwald. “Le testimonianze di chi è scomparso sono un immenso valore. La guerra è sempre un terreno di coltura di grandi atrocità” dice il fondatore della comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, che insieme alla Comunità ebraica di Roma organizza la commemorazione da trent’anni. Ci sono un po’ tutti i partiti. L’ex ministro Roberto Speranza saluta Carlo Calenda (“no Roberto, sulla Sanità in manovra non c’è niente, ne ho parlato anche con  Ricciardi”). Dice anche: “E’ importante esserci”. Come lo dicono dal Pd (c’è il sindaco Gualtieri, ma pure Walter Veltroni avvolto in un trench color panna). Ci si mette in moto uno accanto all’altro. “E chissenefrega della pioggia”, urlano nel mucchio. “Quando si tratta di queste battaglie noi ci siamo sempre”, dicono da Italia viva. Solo i Cinque stelle non si vedono. Il corteo finirà davanti al portico mentre dagli altoparlanti suonano “la Suite from Anna Frank’s Holocaust” di Mark Leggett. Sul palco si vedono anche il vicepremier Antonio Tajani, in rappresentanza del governo, e il presidente della Camera Lorenzo Fontana. “Questi sono giorni drammatici, dopo il terribile attacco di Hamas a Israele. Ripensando a cosa accadde ottant’anni fa qui a Roma è difficile non restare atterriti davanti a cosa è avvenuto pochi giorni fa. L’inferno è ancora tra noi”, dice  prendendo la parola Gualtieri. Seguito dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni secondo cui “quello che è successo nove giorni fa in Israele ha ricordato stragi antiche e recenti con donne trascinate per i capelli e bambini uccisi. L’attacco agli ebrei in quanto tali, perché di questo si è trattato, è un attacco ai fondamenti della società civile”. E il presidente Fadlun: “Pensavamo che nessuno sarebbe più entrato nelle nostre case, avrebbe ucciso più i nostri bambini. E invece...”. Al termine della commemorazione tutti gli invitati si dirigono verso il capo dello stato Mattarella, lo ringraziano per la presenza, gli stringono la mano, mentre in sottofondo c’è la colonna sonora di “Schindler’s list”. Poche ore prima l’unica voce che spezzava il silenzio del Ghetto era quella di Calcutta, il cantautore, che dal ristorante Sheva intonava “oh mondo cane, tu fatti gli affari tuoi”.