La crisi dei migranti

“Meloni, lascia perdere Sunak e convinci la Ue a fare un piano Mattei europeo”. Intervista a Minniti

Gianluca De Rosa

"Connettere Europa e Africa è il ruolo storico-politico dell'Italia, serve un patto per l'immigrazione legale con stati africani e Onu", dice l'ex ministro. Poi, critica il governo sui Cpr: "Meloni non vuole che l'Italia diventi l'hotspot d'Europa, ma allungando le permanenze nelle strutture rischia di accadere proprio questo"

“Al prossimo Consiglio europeo straordinario di Granada, il 6 ottobre, l’Italia deve presentare un piano europeo per la stabilizzazione, lo sviluppo  e la prosperità dell’Africa, per citare Meloni, un piano Mattei europeo”. Marco Minniti, ex ministro dell’Interno Pd, oggi presidente della Fondazione Med-Or che per conto di Leonardo si occupa del rapporto con i paesi del Mediterraneo allargato, dal Sahel al corno d’Africa, osserva con attenzione le mosse del governo sull’esplosiva crisi migratoria. Negli ultimi mesi si è consumata una tempesta perfetta: dai colpi di stato in Niger e Gabon alla guerra in Sudan, dal conflitto tra giunta militare del Mali e tribù Tuareg fino alle crisi umanitarie in Marocco e in Cirenaica, dove l’alluvione ha ucciso oltre 11 mila persone e lasciato nella regione di Derna oltre 45 mila sfollati.


E’ stato importante – dice Minniti – che due giorni fa Giorgia Meloni, la leader di un grande paese europeo, abbia incentrato sull’Africa il suo ragionamento all’Assemblea generale delle Nazioni unite, ma la possibilità che l’Onu abbia davvero un ruolo nella gestione dei flussi migratori ha un contorno preciso: è l’Europa che deve agire per prima”.  L’esecutivo ci sta provando. Meloni ha portato la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen a Lampedusa. “E’ stata una scelta corretta – dice l’ex ministro –, ma temo che quella visita e i suoi dieci punti non siano sufficienti. L’Italia ha una missione storico-politica che è quella di fare da apripista per un nuovo rapporto tra l’Europa e l’Africa. In questo disordinatissimo mondo multipolare, che dopo l’imperdonabile invasione russa dell’Ucraina fatica a trovare un nuovo ordine, questo è il compito del nostro paese”. Secondo Minniti serve subito un fondo da 1,5 miliardi per l’ultima parte del 2023, a cui sommare un adeguato finanziamento per il 2024.  “Tutto questo – dice – va fatto subito, prima che la campagna elettorale per le europee, che è già cominciata, entri nel vivo rendendo impossibile qualunque decisione”.


Mentre parla sullo schermo del suo pc scorrono i dispacci delle agenzie: la Corte di giustizia dell’Unione europea boccia i respingimenti dei migranti francesi alle frontiere con l’Italia, mentre a Catania il presidente della Repubblica Sergio Mattarella insieme al suo omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier rilancia la necessità di dare una risposta europea alla crisi. Segnali contraddittori. Mattarella parla di “fenomeno epocale, che va governato in Europa con una visione del futuro coraggiosa e nuova”. “Sono parole sagge – commenta Minniti – e vanno nella direzione del ragionamento che stavamo facendo: noi li chiamiamo flussi migratori, ma la verità è che c’è uno squilibrio tra un’Europa in grave recessione demografica e un’Africa che cresce veloce, le migrazioni sono una conseguenza inevitabile che nessun muro (o blocco navale) potrà fermare. Una questione epocale va affrontata con visione e strategia, qualsiasi prospettiva particolare è destinata a soccombere, come scriveva Sun Tzu secoli fa ‘una stategia senza tattica è la strada più lunga per la vittoria, mentre una tattica senza strategia è solo il rumore di fondo di una sconfitta che sta per arrivare”. Come fare, dunque? “Un piano europeo per l’Africa – prosegue l’ex ministro – è lo strumento intermedio per arrivare al vero obiettivo: un patto per l’immigrazione legale da quel continente all’Europa con tre protagonisti: la Ue, l’Unione africana e l’Onu come garante del rispetto dei diritti umani. All’interno di questa cornice i singoli paesi potranno contrarre con gli stati africani accordi bilaterali per fissare i numeri di migranti da accogliere, per questo in Italia è essenziale superare la Bossi-Fini. Accanto a questo, si potrà agire con il consenso di quegli stati con operazioni di polizia internazionale per contrastare i trafficanti. Inoltre, gli accordi garantiranno il rimpatrio effettivo di chi arriva irregolarmente”.


Intanto però proprio sui rimpatri Meloni studia il premier inglese Rishi Sunak che vuole mandare chi arriva in modo irregolare in Regno Unito in Ruanda. “Sunak non è un esempio da seguire”, dice Minniti. “Sarà punito dagli inglesi che all’80 per cento bocciano la sua strategia sull’immigrazione, la sua è un’idea sbagliata, un traffico di esseri umani al contrario, che porterebbe le persone in un paese che per di più non è il loro”. In Italia invece si prevedono nuovi centri per il rimpatrio degli irregolari e tempi più lunghi di detenzione, fino a 18 mesi, dentro queste strutture. Anche questa scelta non convince l’ex ministro. “Meloni – ricorda – ha detto giustamente che non vuole che l’Italia diventi l’hotspot dell’Europa, ma con una scelta del genere, per una paradossale eterogenesi dei fini, rischia di fare proprio questo: l’unico modo per risolvere la questione degli irregolari è velocizzare i rimpatri, per farlo la strada è quella complicata, ma inevitabile degli accordi con gli stati africani”. 

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