Tra la Wagner e l'ultimatum

Il Mali sprofonda e c'entra Prigozhin. La minaccia dei vicini ai golpisti del Niger è in scadenza

Cecilia Sala 

I combattenti della Wagner non sanno contenere i jihadisti che conquistano terreno a danno della giunta alleata di Mosca, mentre la guerra interna uccide molti più civili di prima. Il quadruplo

Nonostante la guerra all’Ucraina, la compagnia Wagner non avrebbe sottratto uomini alle  missioni in Africa. Uno studio del progetto Acled, che mappa e raccoglie dati sulla violenza politica in tutto il mondo, dice che  nell’ultimo anno e mezzo l’intensità delle operazioni degli uomini di Prigozhin nel Sahel è  aumentata, ma non ha portato  successi per il governo centrale, cioè per la giunta militare alleata di Mosca. I golpisti del Mali hanno litigato con la comunità internazionale anche perché l’Onu  voleva indagare sui crimini commessi dai mercenari russi: non lo hanno permesso, li hanno difesi e così hanno legato molto del proprio destino alle  capacità militari della Wagner. L’Onu ha ritirato i suoi Caschi blu, e oggi lo studio Acled dice che i combattenti Wagner non sanno contenere i jihadisti che conquistano terreno a danno della giunta, mentre la guerra interna uccide molti più civili di prima. Il quadruplo. 

L’analisi di Acled mette in fila dati ed esempi per arrivare alla conclusione che lì dove i mercenari di Prigozhin non possono contare su migliaia di detenuti prelevati dalle carceri russe da mandare al massacro (come in Donbas), non godono della copertura aerea (come in Siria) e si trovano ad affrontare un nemico che usa metodi assolutamente non convenzionali come la galassia jihadista, non sono efficaci. La Wagner si era già ritirata con molte perdite, dopo i video che ritraevano i suoi   ufficiali sgozzati nella foresta dai terroristi, da una battaglia contro lo Stato islamico in Mozambico nel 2019.   

L’ultimo golpe in Mali è stato nel 2021, nel 2022 le vittime civili della violenza nel paese – quindi dei jihadisti, di altri gruppi ribelli, delle Forze armate e della Wagner – sono appunto più che quadruplicate. Il dato per il 2023, che conta i morti fino al 21 luglio, mostra che nei primi sette mesi  di quest’anno i civili uccisi sono già quasi il doppio che in tutto il 2021. E che oggi i soldati regolari e i mercenari stranieri loro alleati sono responsabili di più morti tra la popolazione dei fondamentalisti islamici affiliati allo Stato islamico, ad al Qaida e ad altre sigle. Una fonte che gestisce una ong con sede sia a Niamey, la capitale del Niger, sia a Bamako, la capitale del Mali, che vuole restare anonima per tutelare la propria sicurezza e la possibilità di continuare a lavorare, dice al Foglio che la presenza della Wagner nel paese – successiva al 2021 – spiega almeno in parte il dato spaventoso: “La Wagner ha subìto troppe perdite nel confronto con i jihadisti in Africa e ora non ha intenzione di averci a che fare direttamente. Uno dei loro metodi preferiti è, quando sanno che in un villaggio esiste una cellula o anche un singolo miliziano, distruggere l’intero villaggio. Ma il pericolo per la popolazione civile rappresentato dalla Wagner non sono soltanto le operazioni antiterrorismo compiute direttamente dai mercenari, che restano comunque un numero piccolo, ma i suggerimenti militari che i combattenti  russi danno alla giunta, che invece dispone di molti più uomini e deve fare molti più blitz”.   

Due giorni fa i nuovi golpisti di Niamey, la capitale del Niger, sono andati in Mali per farsi mettere in contatto con la Wagner e con Prigozhin. Guardando a come vanno le cose nei  paesi del Sahel dove il colpo di stato militare è già avvenuto e la Wagner è già intervenuta per sostenerlo,  si capisce perché alcuni paesi africani della regione – molto prima e molto più che Parigi, Bruxelles o Washington – vogliano evitare che il Niger faccia la stessa fine del Mali o del Burkina Faso, dove l’ultimo golpe con conseguente avvicinamento a Mosca è stato a settembre 2022. Soprattutto, i governi dei paesi vicini vogliono scongiurare che lo stesso destino possa capitare a loro se l’effetto domino dei putsch – con giunte militari che dopo aver preso il potere si scoprono filorusse, spesso per autoconservazione e mancanza di alternative – dovesse proseguire.
Dopo il golpe in Niger della settimana scorsa, l’Ecowas, che riunisce i paesi dell’Africa occidentale, ha minacciato un intervento militare “chirurgico” (non si ha mai la garanzia in anticipo che lo resti davvero) per deporre la giunta militare golpista e liberare il presidente democraticamente eletto, Mohamed Bazoum, che ora è agli arresti domiciliari. L’ultimatum scade domenica e ieri i governi di Nigeria, Senegal, Costa d’Avorio e Benin si sono detti pronti ad andare fino in fondo, cioè a inviare truppe nel paese, se i militari non lasciano il potere entro la fine di questa settimana.

Domani a Niamey ci sarà la manifestazione per Bazoum, ieri, festeggiando il giorno dell’Indipendenza dalla Francia, c’è stata una marcia di sostenitori del golpe che inneggiavano a Vladimir Putin, sventolavano bandiere russe e insultavano Emmanuel Macron. Secondo fonti della rivista specializzata African Intelligence, l’intervento della Wagner in Niger è stato richiesto dai golpisti ancora prima che arrestassero il presidente e in previsione di ciò a cui stiamo assistendo. 

 

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