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il caso

Da Bonaccini a Zaia, il piano di Viminale e Difesa sui Cpr non convince le Regioni

Ruggiero Montenegro

Ieri la prima riunione interministeriale per le realizzazione di dodici nuovi centri. Mentre degli attuali 619 posti disponibili non tutti sono occupati. Dai territori si sollevano perplessità di metodo e di merito. Il presidente dell'Emilia-Romagna: "Governo ha fallito. Parole al vento". E il leghista: "Non ne so nulla. Rimpatri? Come svuotare il mare con un secchiello"

Le perplessità, con varie sfumature, riguardano il merito e il metodo. C'è chi lamenta, anche su questo dossier, il centralismo del governo per una decisione calata dall'alto e chi invece non crede affatto che quella dei centri di espulsione e rimpatrio sia una risposta adeguata alla situazione degli ultimi mesi. Dal presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini  - "il governo ha fallito, sui Cpr parole al vento" - a quello del Veneto Luca Zaia - "Nessuno me ne ha parlato. Ma non sono gli unici.

Il ministro dell'interno Matteo Piantedosi aveva annunciato che la norma contenuta del decreto prodotto dall'ultimo Cdm sarebbe stata accompagnata da un piano. L'obiettivo - realizzare nuovi Cpr in  12 regioni - è stato ribadito nel corso della prima riunione tecnica tra i tecnici del Viminale e quelli della Difesa, a cui è stato affidato il compito di aumentare i posti per i migranti destinati al rimpatrio. Nel vertice di ieri si è cercato di individuare i criteri per l'individuazione delle nuove strutture. Da un lato si costuiranno nuovi Cpr e dall'altro si cercheranno edifici già esistenti da destinare a questa funzione. Soluzione quest'ultima che velocizzerebbe l'entrata in funzione dei nuovi centri, ma è comunque assai difficile che questo accada in tempo brevi, insomma prima dell'inverno. A ogni modo, come indicato dalla premier Giorgia Meloni, le aree selezionate dovranno essere lontane dai centri abitati e "facilmente sorvegliabili". Restano comunque tante incognite, di carattere economico (in funzione del fatto che il tempo di permanenza nei centrri allungato fino a 18 mesi) e diplomatico - bisognerà stringere accordi con i paesi d'orgine, forse l'aspetto più difficile. Non solo: i nove centri ad oggi operativi contano 619 posti, di cui alcune decine sono vacanti. Un dato che testimonia una voltà di più la difficoltà dell'operazione rimpatri. 

E poi, soprattutto, ci sono i dubbi sollevati dai territori, da presidenti di regione e sindaci, che temono di veder scaricata sui comuni l'incombenza della prima accoglienza - che spetta invece al governo. Tra i primi a polemizzare, il governatore toscano Eugenio Giani: "Non darò l’ok a nessun Centro di detenzione permanente in Toscana", ha detto l'esponente dem secondo cui "si stanno prendendo in giro gli italiani perché il problema dell’immigrazione, è come farli entrare e accoglierli, non come buttarli fuori. Cosa c'entra il Cpr?". Sulla stessa linea, con toni aspri, si è aggiunto questa mattina anche presidente dell'Emilia Romagna: "Questo è il Governo che parla di autonomia e che sta invece centralizzando tutte le decisioni a Roma senza confronto con gli enti locali". Quelle sui Cpr "al momento sono parole al vento. Per me di Cpr non se ne parla assolutamente", ha aggiunto Stefano Bonaccini. Attacchi in qualche modo prevedibili, arrivando dall'opposizione.

Ma la grane per l'esecutivo arrivano anche dal fronte amico. Tra i più scettici infatti c'è Luca Zaia: "Non siamo mai stati contattati da nessuno per un nuovo Cpr né nessuno me ne ha mai parlato", ha detto il presidente del Veneto. I rimpatri? "È come svuotare il mare con un secchiello", il ragionamento del leghista. Mentre in Molise, fa sapere il presidente Francesco Roberti, eletto pochi mesi fa con il centrodestra, "non abbiamo una struttura idonea da adibire a Cpr anche perché è indispensabile, da quanto ho capito la recinzione, quindi non si può usare il primo albergo dismesso. Per come la vedo io questa storia della recinzione non mi entusiasma soprattutto in una prospettiva di accogliere famiglie con bambini". Per Roberti sarebbe più utile un approccio più strutturale alla questione, ha lasciato intendere.

Su un altro livello, si pongono invece le dichiarazioni del presidente della provincia di Bolzano Arno Kompatscher: disponibile ma con la condizione che  "il Cpr in Alto Adige servirà solo per le esigenze locali e non ci saranno trasferimenti da altre regioni. Il ministro Piantedosi me lo ha ribadito".  Così a essere davvero convinto della strada intrapresa dal governo, tra chi amministra i territori, per ora si fa avanti solo Massimiliamo Fedriga, da sempre contrario all'accoglienza diffusa. "È stata un fallimento. Non permette i controlli", è il ragionamento del leghista, in netto contrasto con il suo omologo e collega di partito veneto. "Il Cpr funziona molto bene perché garantisce i rimpatri e soprattutto perché garantisce la sicurezza dei cittadini. È un impianto controllato, dove chi è all'interno non può uscire e quindi non è impattante per il territorio", ha detto ancora il presidente del Friuli Venezia Giulia, prendendo a esempio il Cpr di Gradisca d'Isonzo, in provincia di Gorizia. Dove, ha spiegato, "ci sono persone che hanno commesso reati". Il problema tuttavia è che non tutti i migranti destinati al rimpatrio sono necessariamente delinquenti.

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