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Editoriali

Tajani contro Tajani

Redazione

Il vicepremier confuta, senza volere, le accuse del governo a Gentiloni, rivelando l’incompatibilità sostanziale del sovranismo con le regole europee

Dice Antonio Tajani, e con fare solenne, nell’Aula del Senato: “Io, quando ero commissario europeo, ho giurato di non prendere ordini dal governo italiano”. E sarebbe tutto impeccabile. Non fosse, però, che a dirlo è lo stesso Antonio Tajani che invece, visto che usa assai dalle parti di Palazzo Chigi, giorni fa diceva, assertivo, di Paolo Gentiloni: “Il commissario italiano deve fare la sua parte, e mi auguro che lo faccia, per difendere l’interesse nazionale”. Ora, come le due dichiarazioni possano coesistere nel pensiero e nelle parole di una stessa persona, è difficile da comprendere, per la contraddizion che nol consente. Ma si obietterà: sono le necessarie contraddizioni che la politica fatalmente impone a chi la pratica.

E del resto lo stesso Tajani, nel rispondere – in modo, va detto, non troppo convincente – all’interrogazione del renziano Ivan Scalfarotto sul pasticcio diplomatico italiano in Libia consumatosi intorno alla nomina dell’ambasciatore dell’Ue a Tripoli, ha osservato: “La polemica è il sale della politica. Ma un conto è la polemica, un conto sono le regole e le istituzioni”. Inappuntabile. E semmai sta qui, il nodo della questione. Che le invettive contro Gentiloni, le accuse scombiccherate di tradimento alla patria, si rivelano, tanto più ora che vengono confutate perfino da chi le ha formulate, come una mossa scriteriata sul piano istituzionale.

Non solo perché rivelano l’incompatibilità sostanziale del sovranismo con le regole europee (dire a un commissario europeo: “Faccia l’italiano” è come dire a un ministro degli Esteri di Fiuggi: “Si ricordi che è ciociaro”). Ma anche perché danno l’idea di un paese, e di un governo, che non ha grandi idee sui negoziati europei se non quelle che risiedono nella propaganda. E questo, se è comprensibile per chi fino a pochi mesi fa viveva di retorica antieuropeista, è ben strano per uno, come Tajani, che le istituzioni europee le conosce bene, e le ha perfino dirette.

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