Viale Mazzini

Radio Orwell, Foa pare Amato. Per fortuna c'è Radio Maria

Carmelo Caruso

Forza Vannacci, processo alla stampa, abuso di Montanelli. E' la nuova trasmissione radiofonica di Radio 1 condotta dall'ex presidente della Rai, Marcello Foa

Roma. Due puntate, due, e ha già fatto sembrare Cruciani Sergio Zavoli, La Zanzara un concerto di musica classica e Radio Padania l’altra Radio 3. Si chiama Giù la maschera, ed è il programma di Radio 1, condotto da Marcello Foa, ex giornalista del Giornale, ex presidente della Rai, durante il governo Lega-M5s. E’ uno che si stava facendo turlupinare da una finta mail, firmata da un finto ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Insieme a Foa si alternano Peter Gomez e Giorgio Gandola. Sono tutti “allievi”, come ripetono, di Montanelli. Per quarantotto minuti ne evocano infatti lo spirito e ne bestemmiano la memoria. Più che di Montanelli sono gli evangelisti di Giuliano Amato.


Per chi non conosce Foa è sufficiente sapere che, da presidente Rai, stava per consegnare un milione di euro a dei cialtroni da spam. Grazie alla nuova Rai di destra, questa finestra di libertà irregolare, “ci battiamo contro la pavidità intellettuale” promette Foa, va in onda ogni mattina su Radio 1. E’ la stazione radio che, ancora la Rai, oggi amministrata dall’ad Roberto Sergio, uno che la radio davvero la conosce per averla diretta e pensata, ha affidato a Francesco Pionati, l’inventore del panino, oggi in quota Lega, direttore che ha scambiato Radio 1 per Radio Orwell. Se vi sintonizzate durante la giornata avrete l’impressione di essere finiti dentro 1984: distopia, mondi alterati, verità celate, geopolitica al pecorino. Mancano solo gli alieni, ma arriveranno. La trasmissione dura quarantotto minuti e sono minuti di fantasy e processi alla stampa, una specie di “Comprati e venduti”, alla Giampaolo Pansa. In due puntate, ripetiamo due (promettono bene) hanno già fucilato i “giornali che hanno inibito il dibattito pubblico”, spiegato che il generale Vannacci è il Celiné della maggioranza silenziosa, “stufa degli eccessi del politicamente corretto” e che sull’Ucraina, sull’invio delle armi, “i media non hanno convinto gli italiani”. Bastonate i media! Daje, forza. Insieme a Foa, c’è Gomez, direttore del Fatto Quotidiano.it, che, onore al merito, quando sentiva ripetere Foa, “abbiamo un virus comune, io, Peter, e Giorgio, la scuola montanelliana”, precisava: “Caro Marcello, magari avessimo imparato lo stile di Montanelli!”. Al ministro Nordio un suggerimento: istituisca, per decreto legge, questa  fattispecie di reato, vilipendio a Montanelli. Pena: un anno di reclusione a “La Stampa” di Massimo Giannini. In alternativa: i servizi sociali a casa di Ezio Mauro. Montanelli è in Italia  l’ultima immunità rimasta. In questa botola di incubi radiofonici, questa Scuola di Francoforte del pensiero sotto sale, si sono lasciati trascinare un intellettuale come Luca Ricolfi e la sondaggista Alessandra Ghisleri. Sono ospiti fissi che Foa tratta come vecchi cugini e che hanno il compito di fargli da stampella. E’ la solita vecchia tecnica giornalistica: fai dire a uno più titolato di te, quello che pensi tu, ma che è meglio non dici. Il guaio è che anche Foa le dice. Ricolfi dichiarava che il generale Vannacci è stato infangato dai giornali, giornaloni. Foa: “Urca, che botta alla nostra categoria”. E davvero non si comprende chi abbia infangato questo generale (ma questo Ricolfi non lo nota) dato che è merito dei giornali se Vannacci si è fatto il guardaroba nuovo e si è messo a frequentare Marina di Pietrasanta con la camicia di lino bianca. Ogni sera, questo militare inzaccherato, ringrazia La Repubblica per aver consentito al suo scarto di libro, ai suoi pensieri da parcheggio, di finire primo in classifica dei testi più venduti, di avere più recensioni dello scrittore Claudio Magris. Per quarantotto minuti si scaracchia contro i colleghi che non lasciano esprimere opinioni e che non sono più il “contropotere”. Sono quei colleghi che da anni offrono alla destra fantasy spazi ovunque: televisione, radio, colonne di giornale. Una delle caratteristiche della Foa & Associati è spacciarsi per perseguitati al solo scopo di perseguitarci a ogni ora del giorno. Grandinano aforismi di filosofi orientali, “tante notizie, uguale a nessuna notizia” e si sniffa “mainstream” come in Scarface. Al telefono viene collegata l’ex sindaco di Roma, Virginia Raggi, che fa i “complimenti per la trasmissione” e che si mette a parlare di Arabia Saudita. Foa chiede: “E se gli arabi si stessero vendicando della svolta greeen?”. Era uno dei passaggi della seconda puntata mentre nella prima, che voleva essere di presentazione, come nei giornali è l’editoriale “Al lettore”, era tutto un inno alla ricerca della verità perché il nostro “è un pluralismo vibrante e rispettoso”. E’ vero che la Rai, come ha dichiarato l’ad Sergio, durante la presentazione dei palinsesti radio, deve avere “palinsesti che vanno verso un maggiore pluralismo”, ma che c’entra il pluralismo con questo Foa Interstellar, lui che su Twitter si sfogava contro Sergio Mattarella, “disgusto”, e che pensa al mondo come un mappa di manine? L’Arabia sarebbe la nazione che “prepara ritorsioni” contro l’occidente, il sostegno a Zelensky è paragonato al tifo; come se gli ucraini fossero dei terzini della Juventus fischiati dai russi dell’Inter. Che c’entra la “radio dei diritti”, è un’altra bella espressione di Sergio, con una radio dove il mondo è una costruzione diabolica, come il termine “negazionista” che per Foa non si deve applicare a chi nega il Covid? Non si salva neppure la sigla che frastorna. Roba da pipistrelli. Il ritornello sembra musicato dopo aver tracannato due fiaschi di rosso; quello da cartone. Si è sempre detto che Foa sia vicino a Salvini, ma dopo queste due puntate la verità, di nuovo la verità, è finalmente venuta fuori. Foa è un infiltrato di Radio Maria. Dopo aver ascoltato lui viene voglia di strafarsi di rosari.


 

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio