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Ministro degli Esteri, ma pure di Confindustria: Tajani è costretto all'equilibrismo
Il capo di Forza Italia, in viaggio a Pechino, ora deve capire come uscire dalla Via della Seta evitando ritorsioni commerciali
Deve sembrargli quasi una beffa: proprio ora che il suo ruolo gli concede l’onore della massima visibilità, ritrovarsi a constatare che questo privilegio coincide anche con una rogna clamorosa. Per l’Italia, certo, ché l’uscita dalla Via della seta, per quanto obbligata, pone incognite e rischi notevoli. E pure per lui, per Antonio Tajani, per la sua immagine di leader ancora da consolidare. Perché ovviamente, se da capo della Farnesina è volato a Pechino per avviare le pratiche della separazione, da capo di Forza Italia è impegnato ad accreditarsi come il riferimento nel governo di quel mondo delle imprese che un’eventuale ritorsione commerciale da parte della Cina la teme e la paventa. Ministro degli Esteri e un po’, nelle sue ambizioni, anche di Confindustria. E la Via della seta che sta lì, a evidenziare la difficoltà di conciliare i due fronti. Si spiegano così, del resto, anche certe sue azzardate dichiarazioni non proprio concilianti verso gli Usa dei giorni passati.
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- Valerio Valentini
Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.