Wrestling riformista

Il Twiga e il Terzo polo, ovvero come farsi del male da soli

Gianluca De Rosa

Dalla candidatura di Marco Cappato nel seggio che fu del Cav. al pranzo di Boschi e Bonifazi al Twiga, nel Terzo polo ogni pretesto è buono per un litigio su Twitter

Da Marco Cappato al Twiga, per il Terzo polo ogni pretesto è buono per litigare. Dovrebbero essere il centro laico e pensoso, quello che a colpi di dossier discute su soluzioni non ideologiche, pragmatiche e, soprattutto, in grado di disarticolare centrodestra e centrosinistra, mettendo al bando gli speculari populismi, e invece lo schieramento riformista è un generatore continuo di polemiche. In grado ormai persino di superare gli steccati, i tradizionali litigi tra Azione e Italia viva che hanno bloccato il percorso verso il partito unico. Ormai è un tutti contro tutti anche dentro i due partiti. E’ come nel wrestling, royal rumble, trenta dentro un ring e giù botte da orbi. Il ring in questo caso è Twitter, anzi X, il social di Elon Musk che per i terzopolisti è come il fiasco per l’alcolizzato, devastante, ma irrinunciabile. Si discute qui se sia giusto appoggiare o meno Marco Cappato per lo scranno a palazzo Madama che fu di Silvio Berlusconi ed è sempre questo il luogo eletto per scegliere se sia o meno opportuno pranzare il fine settimana al Twiga, il locale in Versilia di Daniela Santaché e Flavio Briatore, come hanno fatto nel week-end gli esponenti di Iv Maria Elena Boschi, Francesco Bonifazi e Luciano Nobili.

 
Con Cappato era andata così. Subito dopo l’annuncio sui social della candidature del militante radicale era stato Calenda a twittare immediatamente: “Noi ti daremo una mano”. Pochi minuti ed Ettore Rosato aveva fatto sapere che per quel seggio lui avrebbe preferito Adriano Galliani, amico e collaboratore storico del Cav. e candidato del centrodestra per le elezioni suppletive nel collegio di Monza. Ma non è bastato. Contro la decisione di Calenda, sempre via social, sono le sue compagne di partito, le ex forziste Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna a intervenire, invitando a “un supplemento di riflessione” perché “sui temi etici Cappato rappresenta posizioni che dividono il suo stesso partito, figuriamoci l’ala liberale e moderata”.

 

A difendere la scelta di Calenda in questa royal rumble terzo polista ci ha dunque dovuto pensare un esponente di Italia viva. Ecco dunque l’ex sottosegretario Gennaro Migliore: “Una candidatura come quella di Marco Cappato è, e dovrebbe essere, una scelta naturale per chi ha intenzione di candidarsi a fare battaglie sui princìpi liberali”. Un altro esponente di Italia viva, Luigi Marattin, prova a dire cose ragionevoli: “Per come la vedo io, l’organizzazione politica riunisce il suo organo direttivo, coinvolge il suo organo territoriale, fa una valutazione  e assume una posizione comune. La prassi secondo cui, invece, Cappato si candida e ognuno su Twitter dice se lo appoggia o no, è forse la miglior dimostrazione possibile di quanto sia assente una organizzazione partitica di una comunità politica liberal-democratica”. Ma il commento su Twitter ha l’effetto di aggiungere situazionismo a situazionismo. 

  
Non va meglio con l’affaire Twiga, un tempo luogo ambìto da politici di tutti gli schieramenti, oggi, dopo lo scandalo che ha travolto Santanchè,  al punto da spingere un senatore  del Pd a minacciare querele solo se accostato a cene o pranzi nel locale in Versilia. Dopo la notizia del pranzo di Boschi, Bonifazi e Nobili, Azione dirama una nota: “Azione non si è mai riconosciuta nella linea espressa dai vari interventi dei parlamentari e del capogruppo di Italia Viva, che non hanno mai pronunciato la parola dimissioni. Per quanto concerne le cene con la Ministra al Twiga, che coinvolgono parlamentari di Italia Viva appartenenti al Gruppo Azione - Italia viva - le si ritiene del tutto inopportune”. Due dei diretti interessati  - Maria Elena Boschi e Luciano Nobili – tacciono. Ma, si sa, è su Twitter che si regolano i conflitti del Terzo polo e quindi ecco che è Francesco Bonifazi a replicare dal social di Elon Musk, come Santché alludendo ai tanti colleghi, anche di altri schieramenti, che prima di lui hanno frequentato il locale che fu della ministra sott’accusa. “Sono stato a cena al Twiga venerdì sera. Come era già stato altre volte. Potrei fare l’elenco dei parlamentari di tutti gli schieramenti che ho visto in quel locale. Leggere che Carlo da Capalbio pretende di decidere lui che cosa devo fare io il venerdì sera mi dà l’impressione di un uomo che non ha nulla di liberale ma che sogna uno stato etico”.  La lite quotidiana è servita.