Il racconto

L'ombrellone di Salvini: scaccia guai in Italia e spettinato in Europa. Meloni lo osserva gelida

Simone Canettieri

Evita il Papeete, la Lega è con lui. Non parla di migranti e guerra, ma rilancia alleanze da Le Pen all'AfD. Meloni: "Nessuna polemica: il suo piano per il 2024 non è il mio"  

Cervia, dal nostro inviato.

Se questa non è Ibiza – “Festivalbar con la cassa dritta, ti sto cercando ma è nebbia fitta” – allora questo non è nemmeno Matteo Salvini. Il tormentone estivo sparato qui al Papeete ci riporta al mistero buffo del capo della Lega: si è davvero così normalizzato che a momenti si presenta in spiaggia come Aldo Moro? Non esageriamo. Domenica sera però alla festa del Carroccio è riuscito a non pronunciare mai – dicasi mai – la parola migranti. E nemmeno a citare la guerra in Ucraina. Per non parlare, per esempio, del caro benzina o di quanto stia accadendo all’aeroporto di Catania, dove il ministro delle Infrastrutture non si è mai visto: chi fu?  Il nuovo approccio positivista funziona nel condominio Lega, ma inizia a far saltare la mosca al naso a Giorgia Meloni. “Matteo? In palla”, dice Massimo Casanova, mister Papeete. Ovviamente Salvini qui non c’è. 


Il vicepremier anche quest’anno, come accadde nel 2022 sotto elezioni, si è tenuto alla larga dallo stabilimento dello scorno, della bandiera bianca e del mojito che – come l’Ovosodo di Virzì – non va né su né giù. Ha battuto Cervia – più che Milano Marittima – dove infatti ha dormito e mangiato. Domenica a pranzo è stato avvistato allo stabilimento Sunset beach con il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. Ieri era a tavola al Saretina, bagno numero 152 (il Papeete è il 281, per dire la distanza), sotto a un pergolato di fiori, molto isola greca. In questa scelta logistico-emotiva c’è il racconto politico esistenziale del capo della Lega. 
A Cervia, tra alberghi tondelliani, è tutto più a misura d’uomo, di famiglie e pensionati che scorrazzano in bicicletta. Ah, ecco l’ex ministro del Lavoro Giuliano Poletti, rinato, con occhialoni da sole. “Buongiorno, come andiamo?!”.

A Milano Marittima ci sono la vita e le strutture a cinque stelle (con effetti stranianti da commedia all’italiana, tipo Gigi e Andrea, se si entra negli stabilimenti più alla moda all’ora dell’aperitivo: macelleria sociale nel senso buono). Il nuovo Salvini – che forse niente altro è che un algoritmo ben studiato – ha scelto con sapienza la prima opzione. Trascinandosi dietro tutta la compagnia che da anni lo segue in queste zingarate da Amici miei sulla Riviera: il portavoce, lo staff, l’amico Stefano Bolognini, il genius loci Casanova, eurodeputato pronto al bis (“ma decideranno mia moglie e i miei figli”), Jacopo Morrone, segretario regionale del partito in Emilia-Romagna.


Di questa estate colpisce l’unitarismo leghista, che è anche la siesta del giornalista retroscenista (“ragazzi, oltre alla cronaca non c’è il pezzo di raddoppio!”). 

Prendiamo Fedriga, per esempio. L’arciduca Massimiliano, per un lungo periodo volto moderato e pragmatico con striature draghiane durante la pandemia, sembra non nutrire più pensieri spettinati nei confronti del capo. Forse Salvini adesso è arrivato dove Fedriga si era già posizionato, ma sta di fatto che il governatore non è più la spina nel fianco di Matteo. Restano le differenze: lui non mangia il pesce crudo e si nutre di petti di pollo, il vicepremier rimane un goloso di tartare, seppur a dieta. Anzi, il governatore, che è anche presidente della Conferenza stato-regioni, rischia di trasformarsi in un ottimo grimaldello per punzecchiare il governo dell’amica e quasi coetanea Giorgia Meloni. La battaglia per le Autonomie, il coinvolgimento degli enti locali, le trattative con Raffaele Fitto per contare di più al tavolo delle trattative sui fondi da rimodulare in vista della quarta rata del Pnrr (oggi dovrebbe tenersi una riunione che si preannuncia abbastanza rovente proprio su questo tema). Sono finiti i distinguo. L’epopea dei governatori musoni e il loro senso di superiorità al momento si è sciolta come una granita sotto il sole. 


Caso ancora più interessante è quello di Luca Zaia. Anche il “Doge” ieri sera ha fatto tappa alla festa del partito, quest’anno ridotta negli spazi, a Cervia. Anche se forse in privato continua a criticare con gli amici Salvini, in pubblico ha lasciato la strada del controcanto per imboccare quella radicale. E così la sua amministrazione ha autorizzato un suicidio assistito, anche se Zaia risponde: “Non chiamatelo così: è la risposta civile a una cittadina”.  E poi per i diritti civili “serve una no fly zone”. E intanto agita i casi dei figli di coppie gay. Oltre ad aver dato il via libera al centro regionale per il cambio di sesso all’ospedale di Padova. Anche la Liga ha abbassato le penne, alla prova dei fatti. Lo scorso fine giugno Alberto Stefani, candidato salviniano, è diventato il nuovo segretario regionale del partito contro Franco Manzato, che incarnava i valori tradizionali del partito indipendentista, autonomista, tendenza Roberto Marcato, l’assessore regionale di Zaia detto il bulldog della Liga veneta, per il fare da molosso quando c’era una polemica interna specie contro il segretario nazionale. Tutto dorme. Tutto è dimenticato.

E anche Zaia, detto Luca Zan ma anche Luca Cappato, se ne sta nella sua terra dove tutti lo amano e forse lo tengono prigioniero. Pensa al terzo mandato più che a candidarsi alle Europee, eventualità che il segretario della Lega ritiene “impossibile”. In questo scenario, con i governatori ritornati a miti consigli forse per convenienza, il nuovo Salvini, che tale chissà quanto è, si gode l’attimo. Quella che fu la Bestia, micidiale macchina da propaganda social, adesso manda nelle chat solo foto del ministro in grisaglia, per dire. Perché questo occorre raccontare. Scalzando i problemi. 

Nel governo dalle parti di Giorgia Meloni si sono stupiti per esempio che il titolare dei Trasporti non si sia mai fatto vedere a Catania dove un incendio partito da una stampante ha mandato in tilt un aeroporto e un’intera isola. Così come sullo sviamento dei treni sull’Alta velocità Roma-Firenze. E poi il caro benzina. Per non parlare delle ultime rivelazioni sulla tragedia dei migranti a Cutro con i superstiti che dicono: “C’era un elicottero sopra di noi”. Nulla da dire sulla Guardia costiera?

Per il momento la strategia di Fratelli d’Italia, su mandato della leader, è quella dell’opossum: fingetevi morti, non rispondetegli, non entrate in conflitto con lui. Ne sa qualcosa Raffaele Fitto, ministro del Pnrr, che continua a non ribattere alle richieste, non accompagnate da progetti, che provengono dal dicastero delle Infrastrutture. Quanto durerà questa strategia del vicepremier e il conseguente silenzio dei vertici di Fratelli d’Italia? Almeno fino alle Europee, che poi è lo snodo più importante di “Giorgia” e “Matteo”, la coppia che si fa fotografare insieme, dice in coro che “nessuno ci farà litigare”, ma dietro le quinte si marca vicenda. “Matteo? Sta a fa’ il fenomeno”.

Alla fine l’intervista comizio di Salvini di domenica scorsa – coordinata dall’inedito tandem Pini Capezzone – ha rivelato, dopo novanta minuti a parlare di alberi, ambiente senza piagnistei e stop al reddito ai fannulloni il vero punto di caduta del Carroccio: le Europee. “Preferisco Le Pen a Macron. Sarà una battaglia complicata. Sarebbe maturo da parte dei partiti italiani non dire di no a nessun partito di centrodestra in Europa”. Nella foga di un’uscita ben studiata ha anche detto che “sarebbe curioso che qualcuno mettesse veti sul primo partito di Francia, Austria”. Quindi “evviva il centrodestra unito a Bruxelles, a Strasburgo, compresa Marine Le Pen che è una donna straordinaria”. Per chi dice di voler puntare ai voti di Forza Italia, saldamente nella famiglia dei Popolari europei, è un’uscita quantomeno bizzarra. Chi segue la pratica per Meloni nota altri aspetti illogici. Commentano gli ambasciatori di Fratelli d’Italia a Bruxelles: “Né Le Pen né AfD né i belgi hanno voglia di indebolire il proprio messaggio parlando di centrodestra. Peraltro in particolare AfD, per quanto sia folle ridurre un quarto degli elettori tedeschi a pericolosi neonazisti, nel suo congresso ha scelto un capolista piuttosto radicale e vicino ai russi”. Grazie per l’analisi, possiamo citarla? “No”. E qui si capisce la linea del lasciare fare messa in campo intorno a Salvini. 

E poi c’è G.G, com’è chiamato il ministro dell’Economia nelle chat interne salviniane. Per rendere ancora più evidente il racconto della tregua degli ex congiurati – passati da un eterno 25 Luglio a una bella cocomerata di Ferragosto – non si può tralasciare Giancarlo Giorgetti. Per averlo qui a Cervia, luogo che non lo ho mai fatto impazzire soprattutto dopo il botto del Papeete, hanno prolungato la festa fino a mercoledì. Domani è atteso per essere intervistato da Lucia Annunziata. Salvini non ci sarà perché ieri sera alla fine è ripartito per Roma. Ma anche la presenza del suo amico-nemico borbottone bocconiano, con la passione per i laghi, è un segnale da cogliere. Al Papeete la festa continua: è l’ora dell’aperitivo. Volteggiano corpi divertiti, poco interessanti alle contorsioni della politica. Scusi, un mojito. Musica. Su le mani. Parte il coro: “Questa non è Ibizaaaa”. E chissà se è Salvini.
Simone Canettieri    

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.