Il caso
La nomina di Figliuolo in Emilia-Romagna fa infuriare i ministeri di Esteri e Difesa
Il generale ha ricevuto l'incarico per la ricostruzione delle zone alluvionate. Ma vuole mantenere anche la gestione del Comando di vertice interforze. I dubbi della Farnesina (e le preoccupazioni di Crosetto)
Nel governo c’è un caso che riguarda il generale Francesco Paolo Figliuolo. Al ministero degli Esteri e al ministero della Difesa non hanno preso affatto bene la sua nomina in qualità di commissario alla ricostruzione delle zone alluvionate. E ancora oggi alla premier Meloni chiedono conto della scelta, visto che l’ex commissario straordinario all’emergenza Covid, secondo quanto risulta al Foglio, non ha alcuna intenzione di rinunciare all’incarico di comandante del Comando di vertice interforze (Covi), che ricopre dal gennaio 2022. In sostanza, Figliuolo ha accettato la nomina del governo, divenuta operativa la scorsa settimana, solo a patto di poter mantenere il doppio incarico. Ragion per la quale alla Farnesina (ma non solo) hanno strabuzzato gli occhi. Perché la grande incognita è su come farà il generale nelle prossime settimane (e per almeno un anno, quando scadrà l’incarico da commissario) a essere focalizzato su quel che accade in alcuni dei teatri più complessi al mondo dal punto di vista geopolitico come il Libano e l’Iraq. E al contempo a dare risposte tempestive alle richieste dei sindaci romagnoli. Interrogativi che d’un tratto hanno iniziato a porsi anche tra i vertici delle forze armate.
Ma per spiegare meglio la faccenda occorre fare un passettino indietro. Il Covi è la struttura che pianifica, predispone e direziona le operazioni dei contingenti militari italiani impegnati nelle missioni all’estero. Nel 2019, per fare un esempio, venne incaricato di iniziare a organizzare e gestire il ritiro progressivo delle truppe italiane dall’Afghanistan. Stando alla stretta attualità, solo a inizio giugno Figliuolo è andato in Libano, dove ha incontrato i militari della missione bilaterale Mibil a Beirut. Così come i caschi blu italiani della missione a guida Nazione Unite denominata Unifil, di stanza sempre nel paese mediorientale. A marzo si è recato anche in Iraq e in Kuwait, a maggio in Niger. Si capisce allora come un ruolo svolto “a mezzo servizio”, un po’ all’estero e un po’ in Romagna, sia visto con disappunto nei due dicasteri interessati.
Eppure tra le file del governo c’è un sovrappiù di incomprensioni. Perché la nomina di Figliuolo, formalizzata circa due mesi dopo le alluvioni che hanno interessato Emilia-Romagna, Marche e Toscana, non è stata condivisa per esempio, tra gli altri, con il ministro della Difesa Guido Crosetto. Che non a caso ieri, dando il suo assenso alla nomina ha chiesto proprio al generale alcune rassicurazioni: e cioè che qualora una qualche pedina venisse spostata dal Covi alla struttura commissariale per la ricostruzione, questi passaggi debbano essere indolore per le forze armate. Nel senso: l’organizzazione e l’efficienza del Comando interforze non ne dovranno risentire.
La nomina del commissario alla ricostruzione per il governo è stata una specie di telenovela durata quasi due mesi. E mentre passavano in rassegna i vari profili (tra cui quello del presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini), la scelta è stata terreno di scontri all’interno della maggioranza. Poi Meloni ha optato per una scelta di sua sponte, dando l’idea di voler operare in continuità con l’eredità lasciata da Mario Draghi (anche la contemporanea nomina di Fabio Panetta come governatore della Banca d’Italia ha rafforzato questa lettura). L’obiettivo era puntare su una figura terza, apolitica, non solo per accontentare un pezzo della maggioranza (segnatamente la Lega, che voleva tutti fuorché Bonaccini, il grande avversario alle elezioni regionali) ma anche per puntare su una struttura logistica già oliata. Che ha dato prova di funzionare durante la pandemia (seppur in tutt’altro ambito). Solo che adesso la premier non solo dovrà parare i prevedibili colpi delle opposizioni. Ma all’interno della compagine governativa dovrà assumersi un’altra responsabilità. E cioè essere quella che spiega i dettagli dell’accordo che ha portato Figliuolo ad assumere il doppio incarico, sentendosi libero di non prendere in considerazione alcun passo indietro (o quanto meno di lato).
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