(foto Ansa)

il testamento

La vita additiva di Berlusconi attraverso la rigida ostilità e la memoria altrui

Giuliano Ferrara

I legati del Cav. sono molti e amabili. Ma questo risulta insopportabile per i tanti che hanno un sentimento primitivo della morale e non sanno liberarsi di un fantasma. Che così resta presente

Il Berlusconi che è in loro si rivela tecnicamente immortale. Non lo hanno lasciato in pace per i funerali, spettegolando, non lo faranno per il testamento, spettegolando ancora. Meglio le esequie di Flavia Franzoni, bellissime in effetti, e una morte che agli indignati ha suggerito la comparabilità del dolore, la gara di eleganza trasferita al lutto. Meglio i murales di Maradona, che non vengono attaccati e sfregiati come è successo a un sorridente Cav. che fa le corna. Meglio il privilegio di morire poveri, bellissimo in astratto, che il lascito a un amico messo in galera per un reato inesistente sul quale si indagherà per l’eternità cercando di arrivare alla memoria del defunto. La lapide funeraria di un attore romano reca: “In vita mia sono morto molte volte, ma mai così”. Morire così, come sta succedendo a Berlusconi, significa assumere una infinita vitalità da maschera nel segno della fiacchezza etica degli indignados. 

Tra i legati di Berlusconi si può scegliere: le coppe sportive, città satellite, la libertà di comunicazione, la riforma della politica dopo la morte dei partiti, l’alternanza che l’Italia non aveva mai conosciuto, il corteggiamento sconsiderato e aggraziato nell’harem, e molto altro compresa la voce, compreso il linguaggio del corpo, compresa la mitezza dei modi nella determinazione volitiva del comportamento. Come scrive Buttafuoco il Magnifico, beato lui. Ma tutto questo risulta insopportabile per i tanti che hanno un sentimento primitivo della morale e non sanno liberarsi del fantasma allegro del Cav. Dunque l’istinto della denigrazione oltre la linea del non essere, per esserci (ambizione disgustosa, esserci), per partecipare al banchetto del gossip giudiziario postumo, per sentirsi vivi e freschi nel venticello della calunnia e nel grottesco della maldicenza gratuita. Tutto questo testimonia la profondità e la pervasività della figura pubblica e privata che ha avuto una vita biologica, terminata a sorpresa con un’immagine di vecchio malato associata a un ghiacciolo e a un bambino di Milano 2, ma dispone di una vita additiva mitica nelle vite degli altri che lo guardano, lo inquisiscono e si specchiano, di quelli che hanno scambiato irritazione estraneità antropologica opposizione per una posizione quasi incredibile di avversione intinta nell’odio.

Anime grandi e anime semplici non hanno capito di che cosa davvero si è trattato, sono però le anime mediocri, la vasta popolazione dei meschini, a non accettare il compimento, la fine, e a inseguire l’incubo del loro astio anche quando non ce n’è più il motivo, la giustificazione razionale. La rigida ostilità a Berlusconi e alla sua memoria personale, dopo la morte che è sempre anche e sopra tutto un fatto personale, è il segno chiaro di un rigetto di sé, di un disamore radicato nell’ideologia, nella falsa coscienza, per il proprio paese, per la famosa e inafferrabile identità italiana. E si converte magicamente in un omaggio monumentale, perfino sproporzionato per un uomo simbolo della sproporzione, a chi ha a tal punto incarnato i virtuosi difetti della patria e del bordello da non potere liberarsi nemmeno della vita al momento della morte.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.