Valerio Carocci (LaPresse)

Ritratto del golden boy

Valerio Carocci, il “ragazzo del cinema America” che fa sfuriate a Gualtieri

Marianna Rizzini

Da Colli Aniene a Trastevere, da studente a imprenditore e animatore culturale. Il cinema Troisi, il progetto di quartiere, l'idea di comprare il cinema America: ora tutti si domandano cosa vuole fare (e c'è già chi lo vede candidato sindaco)

Di lui – Valerio Carocci, poco più che trentenne presidente della Fondazione Piccolo America, occhialetti oblunghi e immancabile maglia-logo del cinema – a Roma si parla molto, dopo che il giovane esercente-imprenditore-animatore culturale (del nuovo Cinema Troisi, prima di tutto) ha ottenuto dal sindaco Roberto Gualtieri lo sblocco di 250 mila euro di finanziamenti per organizzare anche quest’anno le arene estive in Piazza San Cosimato, monte Ciocci e Parco della Cervelletta. Antefatto: c’è Carocci che fa una sfuriata di varie ore negli uffici capitolini, una settimana fa, come rivelato da questo giornale, per sollecitare “il mantenimento di una promessa fatta”, ha detto. Episodio poi da Carocci rivendicato: “Non dovrebbe essere necessario, ma è l’unica lingua che la politica capisce” (“o mi date il finanziamento o non esco di qui”, è la frase che viene tramandata da sette giorni nel Pd romano e laziale, intervenuto via telefono, pare, per sopire la tensione).

 

Di lui, sempre Carocci, ha parlato anche il Times, qualche mese fa, a proposito della sentenza del Consiglio di Stato che ha salvato l’America come “bene culturale”, e anche grazie ai buoni uffici di qua e di là dall’Oceano da parte di attori e registi che da anni vengono a presentare i propri film (o danno il beneplacito per la proiezione) nelle arene suddette, da Quentin Tarantino a Woody Allen a Wes Anderson a Matteo Garrone: “Le star supportano gli occupanti”, scriveva dunque il Times, citando, tra gli altri, “Martin Scorsese, Spike Lee, Jeremy Irons, Richard Gere e Keanu Reeves” e persino il Papa. Ma Carocci è, come si è detto, con gli altri ragazzi della Fondazione, colui che gestisce il rinnovato e ristrutturato Cinema Troisi, dove si proiettano film nuovi e vecchi e si studia fino a tarda notte (e quest’anno si è a lungo inseguito, e poi ottenuto, un ponte radio-dialogo tra Ken Loach e Noam Chomsky). Si narra sia stato Carocci – che di suo, quando non si trova al piano basso (bar e sala) o al piano alto (sala studio) del Cinema Troisi, cammina su e giù per i boschi degli Appenini, nel reatino, o si fa cultore di zuppe di lenticchie a Castelluccio di Norcia, suo luogo di elezione – a scrivere un giorno a Roberto Benigni la missiva che ha convinto l’attore a sostenere l’operazione restauro e gestione della sala. E si dice — l’ha detto Carocci stesso — che la Fondazione Cinema America voglia esportare il modello Troisi comprando il cinema America, con un supporto di finanziatori del comparto audiovisivo.

 

Fatto sta che la visita negli uffici di Gualtieri ha risvegliato attorno a Carocci la frase che già a Roma si era sentita anni fa, grazie al lancio di Lucia Annunziata durante una puntata di “Mezz’ora in più”: ma lei, Carocci, vuole per caso fare il sindaco, tra qualche anno? E Carocci aveva allora risposto volando al tempo stesso basso e alto: vorrei la ciclabile illuminata sul Tevere come a Parigi, e un modello di cinema diffusi recuperati nei quartieri, e intanto, dopo l’aggressione a stampo neofascista in quel di Trastevere, era arrivata per lui la scorta, per un periodo, cosa che aveva attirato già l’attenzione dei media stranieri. Ma che cosa vuole fare Carocci? si domandano oggi nel centrodestra (Regione, ministero della Cultura, con un occhio alla sfuriata in Campidoglio. Della serie: arriverà anche qui?) e nel centrosinistra, pensando al profilo “già politicamente spendibile”, dice un parlamentare pd, del ragazzo che, da Colli Aniene, con altri amici provenienti dalla periferia ma anche dal centro, nel 2011, dopo aver protestato contro l’allora ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, aveva rivolto l’attenzione allo stabile abbandonato del cinema America – ma non perché volesse fare cinema, a parte il giovanile sogno nel cassetto di fare l’attore per Carlo Degli Esposti. Per “recuperare spazi in disuso”, dicevano gli occupanti.

 

Anche se non è del tutto privo di ascendenze simboliche nel campo, Carocci: sua nonna Mirella D’Arcangeli era compagna di banco dello storico assessore Renato Nicolini, l’inventore dell’Estate romana, nonché assessore a sua volta ai tempi di Giulio Carlo Argan e Carlo Petroselli. Ma c’è anche, nel quadro familiare, una nonna operaia, un nonno architetto di area Pci, Luciano Tombini, e un nonno commerciante. Insegnanti invece i genitori (la madre di Carocci è anche architetto: ha fatto parte del team che ha curato il progetto di riapertura della Sala Troisi, sostenuto da Bnl, Regione Lazio, Mibact e Siae). Più spazi (culturali) per tutti? Potrebbe essere il programma del Carocci-politico, anche, se al momento, il ragazzo si fa vedere concentrato sul qui e ora: la sospirata (chez Gualtieri) rassegna estiva in Piazza San Cosimato.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.