(foto Ansa)

Amici e nemici

Meloni e Salvini come Marte e Venere. Il caso Schlein

Salvatore Merlo

L’una governa e l’altro si diverte: il leghista irride la segretaria dem sconfitta alle amministrative, mentre la premier: “Va difesa”. E d’altra parte faceva così anche con Enrico Letta

Lei è Marte e lui è Venere, lui cerca di essere pop e social, lei va dritta al punto, e bada al sodo. E allora ieri Matteo Salvini si abbandonava allo sberleffo di Elly Schlein, la grande sconfitta delle elezioni amministrative, mentre Giorgia Meloni pensava addirittura di difenderla in pubblico perché “risollevare un partito non è roba che si fa in due mesi”. Lui postava irridente su Instagram i video di Schlein che, al rallentatore, scandisce la frase “e anche questa volta non ci hanno visto arrivare”, poi su Twitter mandava un “ciaone” alla segretaria del Pd, mentre lei si raccomandava con i suoi parlamentari: attenti al trionfalismo. Così, nello stesso tempo in cui Salvini esercitava la sua leadership sul campo di battaglia del Tié, la presidente del Consiglio ricordava la tracotanza del barbaro (celtico) Brenno che, vincitore su Roma, gettò la spada sulla bilancia chiedendo più oro e pronunciando quelle due famose parole che sono il contrario del saper vincere: “Vae victis”. Marte e Venere sono fatti per non capirsi, ma sono anche complementari, e se l’uno gioca sul campo della sparata e dell’empatia col sentimento fegatoso degli elettori di centrodestra l’altra pensa alla roba, al governo, e al motto antico di tenersi stretti gli amici ma soprattutto i nemici perché è nello specchio del nemico che rifletti te stessa.

 

E d’altra parte Giorgia Meloni faceva così anche con Enrico Letta, assieme al quale, a un certo punto, aveva costituito un binomio di nemici dall’aria intima e collaborativa. Sicché Schlein, come Letta, per lei si compone e si ricompone sempre in un rigido geometrizzarsi, è un fatto della politica, di più: è l’avversario. Cioè l’elemento essenziale del gioco, il calco negativo sul quale prendere forma, un complice come il caldo con il freddo, il nord con il sud, la luna con il sole. Secondo quel principio che Machiavelli sintetizzava così: “Un principe saggio, quando se ne presenti l’occasione, deve crearsi con l’astuzia il nemico per acquisire così maggiore grandezza”. Il nemico va tenuto su, per poi sconfiggerlo. Va fatto rialzare, e poi va sconfitto ancora. E allora “non bisogna accanirsi” su Elly Schlein, dice la presidente del Consiglio. Perché c’è la riforma della giustizia da fare, quella costituzionale da incardinare, il partito della Nazione da inventare, il patto in Europa col Ppe da siglare. E non si governa senza opposizione.

 

Ma questa è la politica, è la logica inesorabile di Marte, che per rivincere domani sa che non deve stravincere oggi né infierire sul soccombente. Tuttavia non è la natura farfallona di Venere, cioè di Salvini, per il quale la vita politica è al contrario una faccenda allegramente interstiziale: si tratta di saper spremere l’occasione, saltare sull’attimo fuggente, assecondare un umore del pubblico, strappare un applauso e un risolino anche semplice  semplice sui social. Senza fare troppa strategia, senza porsi troppe domande sul domani, che sarà uguale all’oggi, forse, ma la nebbia lo avvolge. Dunque meglio prefigurare i prossimi quindici o venti minuti tra un twit e l’altro, mica il futuro: “Ciaone Schlein”. E sembra di vederlo, mentre lo dice, come Alberto Sordi nei “Vitelloni”. Avanti, fino alla prossima pernacchia. Ragione per la quale Marte governa e Venere si diverte.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.