Marco Tarquinio - Foto Ansa 

L'editoriale dell'elefantino

Vedere il Pd ridotto a una baby gang di pacifisti è uno sconcio

Giuliano Ferrara

Il trasformismo è un conto: nonostante le divergenze di alcuni storici è stato decisivo per la nascita della nostra politica liberale. Ma l'idea che Vannacci, Tarquinio e Santoro votino all’unisono in Europa è disgustosa. Un'insalata russa

Qui si è spesso elogiato come anima o fulcro di una logica di sistema della politica italiana il trasformismo. Ci sono storici che non vogliono riconoscerlo, ma il “connubio”, a partire da quello tra Cavour e Rattazzi, è stato decisivo per la nascita e l’evoluzione politica liberale di questo paese. Inutile ripercorrere i fatti, dalla destra storica che custodì il primo frutto di quell’atto trasformista generativo del Regno d’Italia alla sinistra di fine secolo, a Giolitti, al fascismo, che fu anch’esso in parte trasformista nonostante il decisionismo autoritario e infausto di Mussolini, lo statista dittatore che non dispiaceva a Churchill, finché non decise di liberarci di lui, anzi di Lui, per non parlare della Repubblica, fatta anche dai monarchici della Resistenza, e dei diversi connubi costituzionali dalla Costituente a oggi, compresa la consociazione e la versione politicista estenuata dell’antifascismo da giuramento di stato, compresa l’integrazione finale dei secessionisti di Bossi e dei grillini di Grillo. Ma l’insalata russa è cosa diversa dal trasformismo, e l’idea che Vannacci Santoro e Tarquinio siano destinati a votare all’unisono in Europa è leggermente disgustosa.

 

 

Poi dice che uno si butta al centro e smette di votare Pd inteso Elena. Mi dicono fonti irreprensibili che Carlo Calenda ha steso Tarquinio in tv e che questi non si è più rialzato, invocando l’intervento arbitrale del conduttore che gli contava i secondi del ko. Bene così. Ma qui siamo alla guerra ibrida di Putin, alla carbonizzazione chimica delle città ucraine, siamo alle guasconate imperialiste alle nostre porte, con Emmanuel Macron che non può giustamente escludere l’intervento diretto a difesa dei confini allargati dell’Europa e David Cameron, titolare del Foreign Office, che non ha intenzione di domandare agli ucraini un uso meramente difensivo delle armi fornitegli, comprese quelle a lungo raggio, mentre Scholz protesta per le ingerenze militari cibernetiche dei russi oltre i confini della Nato, che forse la smetterà di abbaiare senza mordere. Non fosse per banali ragioni famigliari, ma non così banali, si potrebbe votare Meloni e Crosetto, specie dopo la standing ovation a Berlinguer, perfino un’esagerazione da escalation, della convention di Pescara. Ma il ripiego centrista, per quanto incerto nei risultati, basta e avanza.
 

Eleggere uno che non sia, come l’AfD tedesca, dalla parte dell’opera di denazificazione di Putin, alleato dei supernazi di Germania, con la complicità del signor Generale, del signor Direttore del conformismo vaticano, e di quel vecchio attore televisivo, il Calvero di noialtri, che si presenta sotto le insegne della pace, bè, è il minimo. D’altra parte si sa che l’insalata russa è una formula imprecisa, perché quell’insalata non è russa e i russi la chiamano dal cuoco belga che probabilmente la ideò, Lucien Olivier, dunque insalata Olivier, questione di copyright.
 

Però quelle verdure lesse con le uova e i piselli e la maionese, poi decorate col caviale, hanno un sapore diverso dal nome politico che suggeriscono. Roba buona. In politica l’insalata russa è uno sconcio, un’impostura, un tradimento dei presupposti sui quali il Pd nacque e non crebbe mai. Mancano per ora all’appello candidature apertamente antisioniste, ma date tempo al tempo e vedrete che la baby gang dei pacifisti italiani saprà prodursi anche su questo terreno

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.