Sergio Mattarella (Ansa)

il monito

Mattarella usa Manzoni per mostrare cosa si rischia a governare seguendo solo i sondaggi

Claudio Cerasa

Il presidente della Repubblica ha spiegato che la difesa dell'interesse nazionale è incompatibile con il nazionalismo, ricordando quanto sia pericoloso avere “classi dirigenti” più pronte ad “assecondare la propria base elettorale e i suoi mutevoli umori” che a costruire e a "definire il futuro". Che nel caso dell'Italia passa per il Pnrr

"Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”. E il presidente della Repubblica ieri ha indicato con chiarezza quanto la fonte della sua preoccupazione possa essere facilmente individuata in un pensiero incompatibile con la difesa dell’interesse nazionale: il nazionalismo. Il capo dello stato, ieri, ha scelto di utilizzare il pretesto della commemorazione dei centocinquanta anni dalla morte di Alessandro Manzoni per mettere un po’ di ordine nel dibattito politico e mostrare le giuste coordinate da utilizzare per non uscire fuori dal perimetro del buon governo. Attraverso Manzoni, Mattarella ha denunciato “i pericoli che corrono oggi le società democratiche di fronte alla diffusione del distorto e aggressivo uso dei social media”.

Ha ricordato quanto sia pericoloso avere “classi dirigenti” più pronte ad “assecondare la propria base elettorale e i suoi mutevoli umori” che “a dedicarsi a costruire politiche di ampio respiro, capaci di resistere agli anni e di definire il futuro”. Ha invitato la politica a ricordare quanto sia importare la lezione di Manzoni che “ambiva a un’Italia unita, che non fosse una mera espressione geografica, una addizione a freddo di diversi stati e staterelli”. E ha notato che “nell’idea manzoniana di libertà, giustizia, eguaglianza e solidarietà si può scorgere una anticipazione della visione di fondo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948”, “che individua la persona umana in sé, senza alcuna differenza, come soggetto portatore di diritti, sbarrando così la strada a nefaste concezioni di supremazia basate sulla razza”. 

 

Leggere, come farà qualcuno oggi, le affermazioni di Mattarella come se queste fossero bordate lanciate contro il governo è esagerato. Ma il fatto che il capo dello stato abbia sentito il bisogno di ristabilire, ad alta voce, i punti cardinali da considerare per combattere il nuovo e il vecchio populismo è il segno di una volontà  di riportare al centro del dibattito un tema cruciale per il destino dell’Italia. E se c’è una preoccupazione che si trova in cima ai pensieri del capo dello stato, quella preoccupazione non può che coincidere con il dossier che più di tutti, secondo Mattarella, coincide con la difesa dell’interesse nazionale: il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Se volessimo esagerare con i parallelismi, cosa che ovviamente faremo finta di non fare, potremmo dire che da mesi il capo dello stato monitora il Piano che dovrebbe mandare definitivamente a nozze l’Italia con l’Europa (il Pnrr) con lo stesso sguardo preoccupato di chi osserva, tra le pagine dei “Promessi Sposi”, il tentativo di Don Rodrigo e don Abbondio di tenere Renzo lontano da Lucia.

 

Ma se volessimo essere meno prosaici potremmo metterla giù in modo più semplice. Da mesi Mattarella ci ricorda che la costruzione della patria del futuro passa dall’attuazione del Pnrr e che ostacolare l’attuazione di quel Piano significa non “dedicarsi a costruire politiche di ampio respiro, capaci di resistere agli anni e di definire il futuro”. E chissà allora che cosa deve aver pensato il capo dello stato la scorsa settimana quando, leggendo una lettera inviata da Raffaele Fitto a tutti i dipartimenti italiani coinvolti nel Pnrr – ai quali Fitto ha chiesto solo ora di “formalizzare l’elenco degli investimenti per i quali emergono ritardi o difficoltà tali da pregiudicare il pieno raggiungimento degli obiettivi del Pnrr” –  ha avuto la conferma che l’Italia non ha ancora presentato una sola riga ufficiale alla Commissione europea per spiegare in che modo il governo desideri cambiare il Pnrr. Difficile dire se il discorso di Mattarella di ieri fosse dunque rivolto a qualcuno. Difficile però non pensare a cosa si riferisse il capo dello stato con quella citazione dei “Promessi Sposi” usata ieri per incorniciare il suo manifesto anti populista: “Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”. Coordinate chiare: questo matrimonio s’ha proprio da fare.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.