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Editoriali

Il buffetto di Mattarella alle Camere. Il giusto richiamo sul “decreto Bollette”

Redazione

Il Colle ha individuato norme del tutto disomogenee con la finalità del testo, aggiunte durante il corso dell’esame in commissione. Ora verrà restaurata la versione originaria e si passerà all’approvazione delle misure contro i rincari

Sergio Mattarella ha rinviato alle Camere il decreto che stanzia circa due miliardi per attenuare gli effetti dei rincari energetici, il cosiddetto “decreto Bollette”, perché, nel corso dell’esame in commissione erano state introdotte norme del tutto disomogenee con la finalità del decreto. Si tratta di quattro norme che non sono incostituzionali, ma che non hanno niente a che vedere con il caro bollette. Si tratta di un vezzo assai diffuso: si inserisce in un decreto qualche comma che diventa legge con l’approvazione del decreto, che ha un iter privilegiato perché se non convertito in due mesi decade. Però la decretazione è una strada che si può percorrere, invece di quella della normale presentazione e discussione di disegni di legge, solo se vigono le condizioni di necessità e di urgenza. Prendere l’autobus di un decreto è comodo, però Mattarella obietta giustamente che in questo modo si snatura il carattere specifico della decretazione d’urgenza.

 

Non è la prima volta che Mattarella fa questa critica, che non è rivolta al governo ma alle presidenze delle Camere, cui spetta di decidere sull’ammissibilità degli emendamenti e che sono state, secondo il Quirinale (e il buon senso) di manica troppo larga. Le commissioni hanno provveduto a restaurare il decreto nella sua forma originaria e si passerà ora all’approvazione. Non c’è alcun danno o ritardo (visto che il decreto è operativo dopo la pubblicazione  sulla Gazzetta Ufficiale) per chi deve beneficiare del decreto Bollette, mentre si spera che il Parlamento e i suoi organi apicali abbiano imparato la lezione. Legiferare in modo ordinato e coerente è un modo per difendere l’onorabilità della massima istituzione rappresentativa, cioè della democrazia politica. Ha fatto benissimo il Quirinale a tirare le orecchie a chi si comporta in modo disinvolto senza osservare norme e princìpi che servono a rendere efficiente, ordinata e rispettabile l’azione legislativa, proprio a tutela del ruolo del Parlamento.